giovedì 30 aprile 2015

Daniela e Maddalena

Ogni attesa e ogni nascita sono esperienze esistenziali, profonde, emotivamente e fisicamente intense.
A questo proposito pubblico questo racconto di Daniela Botto sulla sua attesa che definirei "artigianale", nel senso di costruirsi pezzetto dopo pezzetto un proprio percorso....  seguiamo le sue parole. E' un bel viaggio.



Durante i mesi della gravidanza, ho spesso disegnato e scritto dei piccoli mantra, ogni sera, per accompagnare il viaggio di Maddalena. L'ho disegnata nella mia pancia, circondata di luce e di amore, e ho disegnato con lei anche la sua placenta, salda e forte. Sono semplici schizzi fatti a biro, prima di dormire, dopo aver scritto come ogni sera sull'agenda le piccole cose di cui sono grata per quella giornata.
Giorno dopo giorno ho tenuto nei miei pensieri queste due creature, Maddalena e la sua placenta, indissolubilmente legate, sorelle, protette dai miei pensieri che si facevano scudo e riparo attorno alle loro vite. Sia io che mio fratello siamo nati pretermine, prematuri, per insufficienza placentare e questo spettro mi ha seguita durante tutti i mesi di gravidanza, come una paura remota, un evento che non potevo controllare. Potevo però controllare i miei pensieri e indirizzarli verso il positivo, verso il bene, non solo ripetermi ma proprio scrivere, disegnare, rendere reale la mia volontà più profonda: che la placenta di Maddalena funzionasse bene, che la bambina crescesse in salute. Così ho indirizzato i miei pensieri con decisione, disegno dopo disegno, creando sulla carta la realtà che volevo esistente nella carne, come una preghiera continua pagina dopo pagina.


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giovedì 16 aprile 2015

Nonnità

illustrazione di Sara Flori


di Marzia Bisognin

Sono diventata nonna sedici anni fa e oggi ho tre nipoti.
Quando dico nonna, penso innanzitutto all’essere madre di figli che sono a loro volta genitori, perché è in questa nuova relazione che mi sento impegnata nel ruolo nonnesco. E’ lì che sperimento il delicato compito del passaggio del testimone, il gioco di equilibrismo tra l’essere una  mamma accudente e utile, e il mantenere una reciproca autonomia. Insomma il compito di trovare la vicinanza nella distanza, e mica è facile.... ci provo ma non sempre ci riesco.
Ergo, nel mio essere nonna resto innanzitutto madre.

Come molte donne coetanee, manco di modelli con cui poter confrontarmi. Abbiamo vissuto una vita diversa dalle nostre predecessore,  e io sto decisamente stretta nell’iconografia della nonna che al tramonto della vita fa solo torte e lavora a maglia. Primo, non sono al tramonto della vita, almeno così spero. Secondo, le mie torte sono un evento biennale e lavorare a maglia mi piaceva di più da giovane. Terzo, se la mia famiglia era già strana quando eravamo giovani, con tanti genitori e tanti figli tutti spaiati tra loro, ora che siamo diventati nonne e nonni....di modelli nonneschi a cui conformarci ne abbiamo ancor meno, se mai volessimo conformarci. 
Così mi arrangio da autodidatta, come vedo fare anche dalle altre nonne coetanee. Ci sbirciamo l’un l’altra, ci scambiamo dei commenti, ma parliamo di questo ruolo con più pudore di quando siamo diventate madri, chissà perché.

Poi c'è l'essere nonna e basta, nonna dei nipoti. La cosa più bella è il rapporto diretto con loro, preziose creature che mi fanno divertire, che mi tengono in contatto con l’esuberanza della vita che va avanti, con il mondo che cambia, con la prepotenza del desiderio di apprendere quando altrimenti potrei avere la fallace convinzione di sapere ormai tutto, come certi vecchi tromboni.
Sono tre maschi: uno di un anno, uno in terza elementare e uno al liceo, ed è una gioia averli vicini, anche semplicemente sapere che ci sono. Mi fanno sentire grande e protettiva, pacificata, ricca di esperienza e capace..... beh sì, era ora.

Ma nonostante tutto l’amore, non ho mai pensato di amarli più dei miei figli, come sento dire da tante nonne. No, i miei figli li ho amati di più, ammesso che si possa misurare l’amore, forse perché nell’amore per i figli c’è la profonda intimità fisica dei primi mesi, la fusione dei corpi, degli odori e dei respiri. E forse anche perchè con i figli si sperimenta la bellezza ma anche la prostrazione, il piacere ma anche la propria fallibilità, l'appagamento ma anche il fastidio. Il mio amore materno ha patteggiato fin da subito con altre passioni e altri desideri, e non è mai stato indolore. 
L’amore per i figli insomma è a tutto tondo, agrodolce e meravigliosamente imperfetto, con i nipoti invece è solo gioia e armonia, a gratis. 
E dunque, nonne e nonni, vogliamo parlarne?