sabato 17 marzo 2012

La memorabile stagione



E’ in corso una intensa discussione sul blog Patapanz tra Lut Lia e Gekina. Tema: maternità, femminismo e Badinter.
Ho vissuto la memorabile stagione del femminismo anni 70, pur se come una sorellina minore che si è trovata il solco già aperto davanti. Ricordo quando passavamo i pomeriggi, armate di speculum, pila e specchio, a scoprire l'aspetto dei nostri genitali e come eravamo fatte dentro. Tentavamo di rintracciare e incarnare in noi stesse  quel noi e il nostro corpo che era il titolo del  famoso libro che tutte avevamo letto.

Il dominio sul corpo femminile era ancora potente, e il fascismo non era poi così lontano dalla memoria, con il suo culto della madre rurale, prolifica e sacrificale. Scendere in battaglia per liberarsi di quel modello richiedeva armi efficaci, mica belle parole. Occorreva che la battaglia entrasse nella vita quotidiana, dentro alle case, dentro alle relazioni familiari e a quelle sentimentali, fin dentro il proprio corpo. Così si disertò dalla maternità…cosa poteva essere più sovversivo? Se la natura ci aveva reso schiave, la cultura ci avrebbe reso libere.
La parola “femminismo” aveva quasi un secolo di vita, ma le battaglie del passato erano state quelle del diritto al voto, dell’accesso all’educazione superiore e alle libere professioni, della gestione di eredità e  proprietà. Il  movimento femminista degli anni Settanta ha prodotto invece una narrazione degli aspetti più privati dell’universo femminile, ha dato centralità politica all'esperienza personale, ha introdotto parole che prima non si osava nemmeno dire, come clitoride, mestruazioni, orgasmo. Parole che fecero virare il linguaggio politico verso quel il privato è politico che diventò il simbolo di un'epoca.
Di maternità ci si occupò per ottenere quei diritti che consentono a una donna di rifiutare una gravidanza (anticoncezionali e legge 194), oppure di continuare ad avere una vita nel mondo del lavoro, e comunque al di fuori dello spazio domestico, vivaddio. Noi però volevamo anche le rose ….ma nonostante si facesse un gran parlare, nei collettivi di autocoscienza, della “scoperta di sé”, non si rivendicò e non si riconobbero la gravidanza e il parto come esperienze formative, di crescita personale, di  scoperta appunto di sé. Il pensiero critico si arenò davanti a questa soglia. Le poche che si occuparono di maternità analizzarono principalmente  la  relazione con la propria madre, come fossimo destinate a restare sempre e solo figlie.
Ecco cara Gekina, imputo a Elizabeth Badinter il non avere parlato di questo. Non altro. Può darsi però che la realtà francese sia stata un po’ diversa da quella italiana, non so. Forse per questa ipotetica differenza Anna Bravo, nel bellissimo A colpi di cuore, dedica molte pagine a questo “peccato d’origine”….? Forse… davvero non lo so.
La maternità è diventata (ma un poco lo è sempre stata, a dire la verità) terreno di pascolo ideologico. Non penso che sia colpa solo della mancata presenza del pensiero femminista sulla scena della maternità, ma un pochino sì… Credo che la ragione fondamentale sia che i cambiamenti degli ultimi cinquant'anni anni non sono ancora stati metabolizzati. La possibilità di pianificare la gravidanza con l'uso della pillola, di seguire gli sviluppi del feto durante la gestazione con l'ecografia, di concepire con la fecondazione in vitro, di far crescere un figlio nella pancia di un'altra…. e poi gli asili nido, le famiglie allargate, le coppie genitoriali di soli padri, le famiglie monoparentali, le donne che alle soglie della menopausa diventano madri per la prima volta, bambini che trascorrono i primi anni dell’infanzia con una madre e poi vengono adottati da un’altra…. Roba da far girare la testa! Abbiamo metabolizzato questi cambiamenti, abbiamo tenuto il passo con i tempi? Un certo fanatismo naturalista credo che nasca dalla mancata digestione di queste profonde trasformazioni e un sano pensiero open-mind non può che farci bene.

12 commenti:

  1. "Il dominio sul corpo femminile era ancora potente, e il fascismo non era poi così lontano dalla memoria, con il suo culto della madre rurale, prolifica e sacrificale. "

    Perchè, qualcuno pensa che bastino 40 anni in più per liberarci da un condizionamento vecchio quasi quanto il mondo?

    La mia sensazione è che le donne temano di perdere qualcosa e che la maternità resta l'ultimo baluardo di un'identità femminile difeso con le unghie e con i denti tanto dalle femministe quanto dai reazionari (la santa alleanza appunto).

    La realtà francese è diversa sì. ALmeno a leggere la badinter. Le francesi hanno storicamente delegato l'allattamento del bambino senza tanti pentimenti. E la campagna sull'allattamento al seno non ha affascinato più di tanto le mamme d'olòtralpe.

    Ma a vedere la campagna per esortare i maschietti francesi a condividere il peso delle fatiche domestiche... beh si direbbe che in questo almeno ci assomigliamo tutti.

    E alla Badinter va il merito di aver parlato anche delle famiglie monoparentali (nello specifico delle mamme single, come me) e di aver sottolineato come questa visione naturalista della maternità ricalca per filo e per segno quella della famiglia fascista, madre+padre+figli (possibilmente più di uno, perchè il basso tasso di nascite sarebbe da imputare a pochi servizi alla famiglia e non, ad es, anche a una volontà delle stesse donne).

    Ma dopotutto di che ci stupiamo? Guardate come finiscono le cause di separazione... tutte sbilanciate a favore della madre. Assegni che spesso condannano l'ex marito alla quasi povertà.

    Vogliamo parlare anche di questo? O ci vogliamo nascondere dietro a un dito?

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  2. Rincaro la dose. Il materno è un concentrato di "certezze" dure a morire.
    Chiara Lalli ha pubblicato una frase di Elena Pulcini:
    "Le donne sanno bene che l'aborto, di qualunque natura esso sia, lascia una ferita profonda, un senso di danneggiamento e di lutto che è difficile elaborare."

    Vogliamo iniziare a liberarci di questi abiti da vestali feconde e dire una buona volta che per alcune abortire non lascia nessun segno? Che si può dare il biberon e tornare a lavoro dopo nememno un mese perchè per alcune donne strare a casa con il pupo è alienante? Che la maternità non è una certezza biologica ma un prodotto della cultura?

    Che se lasciamo fare alla natura e all'istinto le donne con figli disabili o con problemi ad attaccarsi al seno li farebberoi semplicemente morire?

    Insomma se le femministe non hanno demolito o affrontato il materno seriamente forse è+ perchè la pensano più o meno come la pulcini.

    La maternità è piena di tabù. Tra i tanti il dolore nel parto, accettato, mitizzato da moltissime donne, svezia inclusa.
    La gravidanza e il parto sono un percorso? E di cosa? Per diventare madri abbiamo bisogno di macinare km? E i padri? Loro no?

    "Un certo fanatismo naturalista credo che nasca dalla mancata digestione di queste profonde trasformazioni e un sano pensiero open-mind non può che farci bene."

    Assolutamente d'accordo con te marzia! Gustavo Zagrebelsky in "COntro l'etica della verità" lo spiuega molto bene.

    La verità è che il progresso ci mette davanti orizzonti "terribili" (uteri artificiali o in affitto, clonazione, cellule staminali embrionali) e noi ci sentiamo perduti. E allora la Natura diventa un modo per arginare questa marea e sentirci più sicuri.

    Per questo credo che faccia bene a tutte dire quello che pensiamo senza peli sulla lingua e senza temere di offendere l'alktro. Le rivoluzioni non si fanno con le buon maniere :)

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    1. Per dire che l'aborto in alcune non lascia nessun segno,o rinunciare all'allattamento, cara Gekina, o sei Dio, o sei una psicoterapeuta con anni di lavoro in quel campo alle spalle.
      E lasciati dire che l'aggressività con cui sostieni certe tesi mi fa leggere tanta sofferenza personale. Chi è sereno con se stesso, riesce ad accettare e comprendere (da cum-prendere)le emozioni degli altri senza paura che ci possano fare del male
      Elena

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    2. mentre la Pulcini è Dio se afferma cona ssoluta certezza che TUTTE le donne restano ferite dall'aborto.

      La psicanalisi delel baracche sulla mia presunta sofferenza la trovo veramente patetica cara elena.

      Io non ho paura né delel donne che abortiscono con dolore né di quelle che non ne provano. Proprio perchè sono serena cum-prendo che si possa soffrire ma anche no.
      Siamo diverse e l'aborto non è sempre una ferita profonda.

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    3. e ancora... quante di quelle ferite non esisterebero se la società non esercitasse tutte queste pressioni colpevolizzanti sull'aborto?

      Da sempre un feto può essere sepolto se la mamma ne fa richiesta. Il cimitero dei feti è una lama per aprire ferite che in alcune donne potrebbero non aprirsi mai.

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    4. ehmmmm Gekina.... dal 1990, non da sempre.... capisco che sei giovane, e non sei ancora entata nell'età in cui 22 anni sono un battito d'ali :-))

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    5. :) scusa.... ero un po' presa dalla vis oratoria :)
      Comunque è ovvio che la trovata del cimitero dei feti serve per ribadire che l'aborto è un omicidio, o giù di lì .:)

      i sconvolge l'assoluta certezza della puLCINI. Tutte le donne restano gravemente ferite da un aborto... tutte, nessuna esclusa.
      Discutiamo di queste incrollabili certezze?

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  3. http://firenze.repubblica.it/cronaca/2012/03/16/news/il_diritto_all_aborto_e_quello_al_dolore-31642104/

    Questi sono i danni del Naturalismo.
    Credo che valga la pena rifletrtere perchè qui si sta prendendo veramente una brutta piega.

    Bambino immaginato, Barbara Duden... son tutte cose che leggo e rileggo da tre anni. Buone per remare contro la peridurale, contro il biberon, contro l'aborto...

    Ma la cosa grave è che questo non è un articolo de il Foglio di Ferrara. E' scritto da una giornalistA di Repubblica.

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  4. Gekina: "Insomma se le femministe non hanno demolito o affrontato il materno seriamente forse è perchè la pensano più o meno come la Pulcini" (Le donne sanno bene che l'aborto, di qualunque natura esso sia, lascia una ferita profonda, un senso di danneggiamento e di lutto che è difficile elaborare)

    Eh no, non credo proprio che sia così. Quanto ad avere demolito il materno, direi che è stato fatto in abbondanza.....questa la considero una colpa, una cosa di cui bisognerebbe discutere. La maternità rimase sguarnita di pensieri e idee, diventando terreno di pascolo di ideologie che ricacciano la donna nel ruolo materno come massima realizzazione possibile.
    Successe perchè il pensiero alla Pulcini era dominante...? No, proprio no, anzi.....

    Grazie dell'articolo di Elena Pulcini.... lo avevo letto.
    http://marziadoula.blogspot.it/2012/03/polemiche-sulla-sepoltura-dei-feti.html

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    1. Poichè qualcuno ha equivocato, voglio specificare: la frase "Insomma se le femministe non hanno demolito o affrontato il materno seriamente forse è perchè la pensano più o meno come la Pulcini" è di Gekina.
      La frase "Le donne sanno bene che l'aborto, di qualunque natura esso sia, lascia una ferita profonda, un senso di danneggiamento e di lutto che è difficile elaborare" è di Elena Pulcini

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  5. Marzia condivido la tua analisi.

    La maternità secondo me è diventata terreno di scontro, soprattutto, per opposti estremismi: preoccuparsi del materno viene assimilato al soccombere al senso di colpa o al destino biologico. Preoccuparsi dell'indipendenza e della parità viene facilmente scambiato con essere immature e snaturate. Cioè, si è talmente assatanate sul tema che non si è più capaci di distinguere un caso dall'altro, una madre sollecita da una soffocante, una madre che vive una vita varia e piena di altro dalla maternità da una che non sa come occuparsi del figlio. E' tutto un calderone, e appena si prova a parlarne accorre qualcuna a crocifiggerti a questa o quella categoria.

    E' per questo che sostengo la necessità di fare un discorso ORGANICO, di parlare contemporaneamente di femminismo e puericultura, cioè di porsi il problema di come accudire i figli, di come attuare la parità uomo donna, di come difendere e conquistare le libertà - contemporaneamente. Emergono contraddizioni, ambivalenze? Meglio! Così ne parliamo e forse cominciamo finalmente a superarle! Io non ne sono esente: sono una vera fanatica dell'allattamento per mia esperienza personale ma credo fortemente nella possibilità di due padri omosessuali, per esempio. Questo mi costringe a riflettere sul fatto che l'allattamento, per quanto valore io gli dia, non ha probabilmente un valore assoluto. Ma anche sul fatto che può darsi che al figlio dei gay possa mancare un riferimento femminile. Ci sono pro e contro in tutto e non sempre sono scontati, o immediatamente visibili, né immutabili. Però intanto cominciamo a far cadere gli altarini.

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