Articolo pubblicato su DBN Magazine n.30, marzo 2019
Il modo in cui
noi collettività accogliamo i neonati, è il primo atto con cui
trasmettiamo la nostra cultura alle generazioni future. E' l’impronta
natale che doniamo ai nostri bambini.
I primi anni di vita sono i
più importanti, sono gli anni in cui il bambino nasce al mondo come persona
autonoma, in cui corpo e cervello crescono e si plasmano, gettando e
consolidando le basi della salute fisica, psichica e relazionale della
vita. E questo ormai lo sappiamo.
Ma lo sappiamo tutti che le
prime ore dopo la nascita sono le più importanti del tempo più importante? Nei
reparti maternità degli ospedali lo sappiamo tutti?
Sono passati più di 40 anni da quando Frédérick Leboyer pubblicò Per una nascita senza
violenza. Nessuno aveva mai avuto questo sguardo sulla creatura che viene
alla luce, o almeno nessuno lo aveva mai saputo raccontare così al mondo. Il
libro descrive una nascita rispettosa, corredata da commoventi fotografie,
confrontandola con una nascita ospedaliera usuale, corredata da orripilanti
fotografie di neonati tenuti per i piedi come salmoni, strattonati senza tante
smancerie, mostrati con soddisfazione come fossero trofei.
Questa assenza di violenza di
cui parlava Leboyer prevede che il cordone ombelicale cessi di pulsare prima di
essere tagliato; che dopo il parto il
bambino sia adagiato sul ventre materno affinché continui a sentirne il calore
ed il battito cardiaco; che bagnetto e procedure mediche siano ritardate; che
le luci siano basse e i rumori ridotti al minimo.
Aveva
portato lo sguardo sul bambino, ponendosi dalla sua parte, dal punto di vista
dei bisogni e della sua sensibilità. E' mancato completamente in Leboyer lo sguardo sulla donna, sui suoi
bisogni e sulla sua sensibilità, ma è stato comunque un grande passo.
Da allora ne
abbiamo fatta di strada, molti ospedali sono cambiati e anche l' Organizzazione
Mondiale della Sanità (OMS) ci dice che queste sono le corrette procedure per
l'accoglienza del neonato, che non è solo questione di essere gentili ma che è
un modo per tutelare la sua salute.
In tanti ospedali ci sono tante ostetriche competenti, sensibili e
accoglienti, tanti medici scrupolosi e amabili, tanti chirurghi attenti, tante
infermiere che sanno illuminare la stanza con un sorriso e sanno toccare i
neonati con mani sapienti.
Ma quante continuano a essere le nascite contrassegnate da
disattenzione e violenza, sia verso la donna che verso il neonato?
Nel 1985,
l’OMS ha pubblicato delle Raccomandazioni basate su prove di efficacia, riguardanti le modalità di
assistenza al travaglio, al parto e al post partum. Nel
documento sono indicate chiaramente le pratiche efficaci e appropriate, e
quelle sconsigliate e dannose.
Ciò nonostante molte strutture
sanitarie non seguono le raccomandazioni OMS ma, al contrario
perpetuano pratiche in assenza di una precisa indicazione medica, seguendo
protocolli interni obsoleti, come l'obbligata posizione supina con le gambe
sollevate (posizione litotomica) durante il parto, il taglio del perineo e
della parete posteriore della vagina (episiotomia) di routine, il digiuno, la
spremitura dell'utero con una forte pressione per spingere fuori il bambino
(manovra di Kristeller) il taglio precoce del cordone.
Riguardo il taglio precoce del cordone ombelicale, l’OMS
sottolinea che nessun processo di osservazione
neonatale giustifica un allontanamento dalla madre, se non in caso
di specifiche condizioni cliniche. Al contrario si raccomanda il contatto pelle
a pelle e l’immediato avvio dell’allattamento al seno prima di lasciare la sala
parto
Le procedure praticate senza un’evidente indicazione medica sono
inutili, sgradevoli e spesso dolorose per la donna, ma possono anche essere
dannose sia per per la madre che per il neonato, determinando
l’effetto paradossale per cui è proprio la cura a produrre la patologia.
Di tutte le pratiche nocive e irrispettose che per anni sono state
usuali nei nostri ospedali, quella della separazione madre-bambino nelle prime
ore è forse la peggiore. Il contatto pelle a pelle il più precocemente
possibile dopo il parto, sia vaginale che cesareo, ha grandi benefici su allattamento,
termoregolazione, stabilizzazione neonatale, dolore, pianto, stress collegato
al parto sia nella mamma che nel bambino. Purtroppo sono ancora tanti gli
ospedali italiani in cui questa pratica non è normale routine, molto spesso per
abitudine o pregiudizi duri a morire.
Anche il rooming-in, ovvero la vicinanza mamma-neonato 24 ore su
24, non è la norma in tutti gli ospedali italiani. Eppure innumerevoli studi,
oltre che il banale buon senso, ci dicono che i cuccioli umani hanno bisogno di
contatto e vicinanza, come tutti gli altri cuccioli.
La possibilità per la mamma di passare molto tempo con il proprio
bambino è talvolta la soluzione forzata a cui l’ospedale ricorre perché non ha
a disposizione una nursery; in altri casi la pratica del rooming in è parziale,
cioè praticata solo nelle ore diurne, per consentire alla mamma di riposare
durante la notte e quindi c’è una soluzione mista tra nursery e rooming in;
mentre in altre strutture i bambini vengono tenuti nella nursery e sono le
mamme a dover andare in alcuni orari della giornata a visitare ed allattare i
propri bambini. (documento Mamme in arrivo di Save The Children Italia, 2015)
Io vivo a Bologna e conosco abbastanza bene la realtà del mio
territorio. Qui le donne hanno la possibilità di scegliere se partorire in
ospedale, in Casa Maternità o a domicilio, e l'assistenza negli ospedali è
mediamente buona e spesso ottima.
Tuttavia durante le attività al Melograno, associazione nazionale
che dal 1981 si occupa di maternità, nascita e prima infanzia, abbiamo
incontrato e continuiamo a incontrare donne che hanno vissuto il parto come una
vera e propria violenza: donne che hanno sofferto per un atteggiamento freddo e
giudicante o per la completa solitudine in cui sono state lasciate. Donne che
raccontano procedure e interventi che hanno subito senza sapere perché o senza
alcuna giustificazione medica accettabile. Nei loro racconti c’è rabbia e
frustrazione o un rassegnato “è colpa mia, non sono stata capace”.
Recentemente abbiamo portato a Bologna lo spettacolo di Gabriella
Pacini sulla violenza ostetrica Il mestiere più antico del mondo. Alla
fine c'è stato un acceso dibattito e quello che è risultato chiaro è che a seconda del luogo in cui vivi, hai un'idea di
cosa è normale nella nascita. Per alcune donne, scenari come quello
raccontato nello spettacolo sono risultati normali, consueti, mentre altre
donne si sono ribellate, dicendo che queste cose non esistono più da decenni.
L'Italia è grande e l'assistenza non è uguale dappertutto.
Personalmente non credo ci siano ostetriche e medici brutti e
cattivi da una parte, e ostetriche e medici buoni dall'altra parte. Penso che
siamo tutti coinvolti, perché è un fatto culturale: siamo tutti portatori e
portatrici di una certa idea di nascita
o di un'altra idea. E' necessario uscire dall'idea che la nascita sia un evento
solo medico, dall'idea che il parto sia una questione solo di utero e cervice e
che partoriente e nascituro siano due entità separate. O cambiamo insieme con
un patto di alleanza, personale sanitario e donne e uomini che accedono ai loro
servizi, o non funziona.
La nascita è un grande sforzo, una grande fatica, a volte segnata
anche da una grande paura, sia per la madre che per il bambino o la bambina. Le
modalità con cui vengono accolti entrambi favoriranno oppure renderanno più
difficile l'avvio della loro relazione.
Dovremmo sapere accogliere
con la delicatezza e la cura delle nostre mani, con la comprensione della
fatica che hanno fatto le nostre creature nella loro prima grande prova, con la
compassione per il loro pianto, con rispetto per il loro corpicino inerme e
delicato.
L'attenzione dovrebbe essere
rivolta a soddisfare i loro bisogni primari, il loro benessere e il loro
piacere.
Quando mamma e neonato hanno
avuto i loro bisogni soddisfatti, quando mamma e neonato sono stati rispettati
e accolti, il parto e la nascita, ovvero lo stesso evento visto dai due punti
di vista dei protagonisti in stretta relazione tra loro, sono un bell'inizio
per tutto.
Dare alla luce e venire alla
luce....... vediamola la grande bellezza di questo magnifico prodigio.
Ci riguarda tutti, perché sono i nostri
bambini, il nostro presente e il nostro futuro.
Questa è la trasmissione
culturale a cui dovremmo aspirare tutti, collettivamente.
magnificamente detto!
RispondiElimina❤️ grazie Marzia
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