foto di Lukas Piatek |
Ma se lo tengo sempre in braccio...poi si abitua?
Questo è un classico tarlo della neomamma alle prese con
bebè di pochi giorni, arrivato come tutti i bebè senza istruzioni per
l'uso. Tarlo spesso mantenuto ben in
salute da nonne, amiche e amici sapientoni, tutti intorno alla mamma a elargire
consigli e a far velati rimproveri: lo devi abituare fin da piccolo, se lo
tieni sempre in braccio lo vizi, lui è furbetto, e via così.
Partiamo dal fatto che alla nascita noi abbiamo già delle
abitudini, perchè per nove mesi siamo stati trasportati, cullati, massaggiati e
soddisfatti in tutti i nostri bisogni. Nasciamo insomma con una lunga storia
alle nostre spalle, e con un cervello funzionante che ricorda quell'esperienza.
Dunque no, il neonato non si abitua ad essere tenuto in
braccio, perchè è già abituato.
Certo, dopo la nascita dobbiamo imparare ad adattarci a un
mondo completamente nuovo, fatto di aria che entra nei polmoni, grandi spazi,
luce forte, temperatura instabile, scoperta della forza di gravità, stimolo della fame, pancia da riempire,
autonomia da conquistare. E impariamo
molto in fretta, perchè tutto si può dire di noi umani, tranne che non siamo
intelligenti e adattabili. Però insomma, dateci il tempo....!
foto di Michelle Bender |
E poi ricordiamoci che siamo pur sempre mammiferi. I
cuccioli di gorilla, che condividono il 97% dei nostri geni, restano a lungo
appiccicati al corpo della mamma. Il riflesso di prensione palmare dei nostri
neonati è un ricordo di quando, ancora ominidi, ci aggrappavamo con forza alla
pelliccia della mamma, che altrimenti ci perdeva nella foresta.
La nostra fisiologia è ancora quella delle caverne, ma
l'aver perso i peli non è l'unica complicazione originata dall’essere diventati
Homo Sapiens.
A un certo punto della nostra storia evolutiva ci siamo messi
in posizione eretta. Questo ha cambiato la nostra struttura scheletrica,
progressivamente si è ridotto il bacino e si è ristretto il canale osseo del
parto. In breve siamo anche diventati sempre più capiscioni, e ci è raddoppiato
il cervello.
In pratica teste di cuccioli sempre più grosse dovevano
passare attraverso canali di parto sempre più stretti.
Come risolvere il problema? Ecco la soluzione che abbiamo
escogitato: nascere prima che lo sviluppo sia completato. Nasciamo insomma
prematuramente, con il cranio che ancora si deve consolidare, senza denti, e
incapaci di muoverci autonomamente. Più vulnerabili e incapaci dei piccoli
gorillini.
Per questo abbiamo bisogno di completare il nostro sviluppo
il più possibile a contatto con quel corpo adulto che garantisce la nostra
sopravvivenza e il soddisfacimento dei nostri bisogni. Abbiamo insomma gli stessi bisogni dei
cuccioli di gorilla, ma di più.
E quali sono questi bisogni primari?
"La funzione primaria dell'accudimento come variabile
affettiva è quella di garantire contatti corporei frequenti e intimi
dell'infante con la madre. Certamente, l'uomo non vive di solo latte."
Lo scriveva Harry Harlow dopo avere concluso il
famoso e crudelissimo esperimento sulle scimmiette, che condusse dal 1957 al 1963. Per chi non lo conoscesse già, alcuni
cuccioli di scimmia furono separati dalla madre e vennero chiusi in gabbia con
due sostituti materni: uno di peluche,
morbido e riscaldato, che non forniva latte e l’altro freddo, metallico,
ma che erogava latte. Tutti i cuccioli mostrarono di preferire il surrogato di
peluche, gli si aggrappavano con forza, arrivando in certi casi persino al
rifiuto di fare i pochi passi per accedere al nutrimento, fino alla morte per
denutrizione. Morti per anoressia emotiva.
Dunque essere tenuti in braccio è un bisogno primario, non
una pericolosa abitudine, e ai bisogni primari bisogna
rispondere, ok?
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