La Norma era una donna coraggiosa e generosa. Ha amato intensamente il suo lavoro che era un lavoro modesto, un mestiere che viene ormai considerato un rudere da soffitta. Io ho avuto la fortuna di conoscerla nel 1978, partorii con lei la mia prima figlia e negli anni successivi partorii anche gli altri due. Sempre in casa, e una volta andai a San Benedetto Val di Sambro da Bologna in una casa che mi prestò un’amica, per potere partorire con lei, perché avevo paura che non arrivasse in tempo.
Siamo state in tante a voler partorire a casa assistite da lei, in anni in cui l’ospedale veniva già considerato l’unico posto sicuro per far nascere i bambini, con i medici e tutte le strumentazioni tecniche. Lei usava solo le sue mani, il suo stetoscopio di legno che aveva comprato dopo il diploma, la sua sensibilità e la sua capacità di entrare in sintonia con la donna che assisteva. Arrivava con la sua valigetta di metallo, sempre la stessa, si infilava il grembiule bianco, chiedeva una bacinella e sapeva adattarsi a qualunque situazione.. Aspettava con pazienza, perché, come amava dire, “premma o dopp i nasen tott” (prima o dopo, nascono tutti), sapeva ascoltare e dire le cose giuste. Ti faceva sentire al sicuro, che stavi facendo tutto bene, ti faceva trovare la tua strada, e questa è una cosa preziosa di cui dovremo sempre ringraziarla.
Aveva deciso di fare l’ostetrica quando aveva dodici anni. La mamma era in camera da letto con le doglie e urlava e la levatrice era seduta accanto al camino. Lei sentiva le urla della mamma e rimase choccata così decise “da grande farò l’osterica, insegnerò alle donne a non avere paura e a non urlare, che sennò la forza se ne va tutta nelle urla, gli comunicherò sicurezza", diceva che il parto è una cosa naturale, che le donne vanno seguite nei momenti difficili del travaglio, e che non bisogna mai dimenticare che il bambino ha tanto risorse.
Studiò a Bologna e lavorò sia alla Maternità che al S.Orsola, diceva di avere lavorato giorno e notte e di non avere pensato ad altro in quel periodo, per lei far nascere i bambini era una missione, una vocazione, ed è stato così per tutta la vita.
Diceva che era sempre stata portata in palmo di mano dai professori con cui aveva studiato e di sicuro è vero.
Arrivò a S.Benedetto come ostetrica condotta quando aveva venticinque anni e c’era una gran miseria, le case dei contadini erano sparse nella vallata e d’inverno c’era la neve alta. Lei si muoveva a piedi oppure a cavallo, e una volta il cavallo scivolò con le zampe davanti sulla neve, lei fece una brutta caduta e si incassò un’anca, che poi le ha sempre dato dei problemi Sentì di essersi fatta molto male ma strinse i denti perché la donna che doveva raggiungere aveva una sofferenza fetale, lei si esprimeva con questa terminoilogia, e non c’era tempo per pensare ad altro.
Le donne allora usavano partorire senza chiamare l’ostetrica. La suocera, le amiche della suocera e le anziane si radunavano nella stanza della partoriente e aspettavano che il travaglio andasse avanti lavorando all’uncinetto o facendo le trecce di paglia da vendere a Firenze e a Monghidoro. Poi quando era il momento aiutavano la donna e lavavano e fasciavano il bambino. Se c’era qualcosa che non andava la mandavano a chiamare. Una delle prime volte che la chiamarono lei arrivò troppo tardi e la bambina era già morta, non c’era più niente da fare. Allora lei cominciò a dire che se la chiamavano subito non le faceva pagare e sennò sì. Quando arrivava poi faceva uscire tutte, dicendo che si vergognava a lavorare davanti a loro. Non era vero naturalmente, lo diceva per non offenderle, la verità era che le cose si facevano così perché era usanza fare così, e se la donna si fosse azzardata a mandarle via ne sarebbero venute fuori delle questioni famigliari infinite, ma la donna che stava partorendo magari non si sentiva a suo agio, si vergognava e non si sentiva libera. E quando una donna non si sente a suo agio il parto si ferma e iniziano le complicazioni.
Diceva sempre di essere stata molto fortunata, che nessun bambino le era morto durante il parto, che ha sempre avuto un sesto senso che la guidava, e tanta fede.
Ha sempre tenuto annotato tutto del suo lavoro, fin dal primo parto che seguì. Scriveva il nome della donna, del padre, l’andamento della gravidanza, la data prevista e quella effettiva del parto, il peso del bambino, se c’erano state o no delle patologie., cinque o sei righe in tutto. Teneva questi quaderni in una casseta da frutta, e c’erano anche tanti foglietti sparsi. Una volta mi chiese aiuto per riordinare tutto e incominciammo a farlo, ma purtroppo non abbiamo mai finito. Per me furono incontri bellissimi, mentre io scrivevo quello che mi dettava lei mi ha raccontato cinquant’anni di storia d’Italia, solo attraverso le storie delle donne nel loro momento più delicato e intimo, quello in cui stanno diventando madri.
Aveva già più di settant’anni, faceva confusione tra i nomi delle persone e ripeteva sempre le stesse cose, ma non ha mai dimenticato un solo parto, nei minimi particolari, nonostante fossero migliaia, perché tutti erano stati vissuti come degli eventi unici.
La prima volta che ho partorito con lei ero molto giovane, e lei mi faceva un po’ paura con la sua aria spiccia, così le dissi che volevo fare tutto da sola, che non volevo che mi aiutasse, che intervenisse solo in caso di complicazioni. Poi, al dunque, mi attaccai così tanto a lei che non volevo che distogliesse nemmeno i suoi occhi da me. Così poi mi ha sempre presa in giro, "Eh....voglio fare tutto da sola voglio fare tutto da sola, e poi non potevo nemmeno girarmi!"
grazie marzia per aver ancora una volta ricordato la nostra mamma e grazie per le bellissime cose che hai scritto.
RispondiEliminaHo le lacrime agli occhi...
RispondiElimina:-)
Che meravigliosa scoperta! Leggendo ho ricordato che mia nonna, che praticamente non ho conosciuto, ha fatto l'ostetrica, oltre ad aver messo al mondo nove figli... non so nulla di ciò che ha vissuto, ma in certo modo questo ricordo me l'ha riportata in vita. Grazie!
RispondiEliminaGrazie veramente.... finalmente ho pututo conoscere un po' La ostetrica che mi ha fatto nascere in casa. Mia madre ha sempre odiato gli ospedali... e cosi arrivo la Norma in Via bibiena, bologna 20/01/1979.
RispondiEliminaio a 7 decisi di fare l'ostetrica... e sono felice della mia scelta! come dici tu e' veramente una vocazione.
grazie
Camilla
Camilla ! Sono davvero felice che tu abbia letto questa cosa sulla Norma. Non so se ci siamo mai incontrate, ma ti ho sempre pensato come una "sorella di parto" dei miei figli.
RispondiEliminaAuguri per tutto, e per il tuo lavoro bellissimo!!
Grazie per aver ricordato così intensamente quella che per me era mia zia, ma poi anche l'ostetrica che ha fatto nascere mio figlio,anche se eravamo in ospedale a Bologna...era il 19 settembre 1995 ed è stato l'ultimo bambino che ha aiutato a venire in questo mondo.E' il regalo più grande che mi ha lasciato e la ricorderò sempre con eterna gratitudine perchè ha aiutato anche me a diventare una mamma senza troppe ansie!!!!!
RispondiEliminamentre accudiva Marzia al suo primo parto, monitorava la mia ansia, sguardi, sorrisi, a me rivolti, senza parole mi trasmetteva una scienza, UNA MAGIA. E' qui la sento, le Fate non muoiono.
RispondiEliminarosa