sabato 31 marzo 2012

Riprendiamoci ciò che è nostro


Ancora una volta mi rivolgo a quelle giovani ostetriche o laureande che intervengono su facebook per dichiarare il loro “sgomento” di fronte alla figura della doula e che sbandierano RIPRENDIAMOCI CIO’ CHE E’ SEMPRE STATO NOSTRO.
Scusatemi se sarò un po’ prolissa, ma vorrei mettere l’accento sul fatto che tutto è in continua mutazione. Non fanno eccezione l’assistenza al parto e al puerperio, i bisogni e i desideri delle donne, le composizioni familiari nonché della società intera.
Fino a metà del XVIII secolo il parto era un esclusivo patrimonio femminile. E’ da quel momento che arrivano i maschi. Le scuole di ostetricia iniziano a diffondersi in Europa, con tutto il corollario di studi anatomici, cere e crete policrome che raffigurano l’utero gravido, strumenti chirurgici che oggi solo a vederli ci si accappona la pelle, manuali scritti da chirurghi e sperimentazioni sul corpo delle donne nei parti difficili. Per quanto legittimo orrore possa farci oggi, tutto questo è alla base della moderna chirurgia ostetrica, che quando serve salva la vita a madre e bambino.
Nonostante questo, tutte le questioni di donne, in primis il parto, sono state gestite dalle levatrici ancora per oltre un secolo, soprattutto perché il mondo era prevalentemente agricolo, e la gran parte della popolazione viveva sparpagliata nelle campagne. Il parto in quell’epoca era un fatto sociale: ad esso assistevano i familiari della partoriente di sesso femminile e le vicine di casa, oltre alla levatrice. Queste erano donne che avevano cominciato assistendo ai parti come semplici osservatrici, assumendo un ruolo via via più attivo, fino al giorno in cui la vecchia levatrice non le invitava ad intervenire al posto suo, oppure tardava ad arrivare… così era fatta, il tirocinio era terminato e toccava a loro. Non avevano alcuna nozione sull’igiene, e del resto a lungo non ne hanno avuta nemmeno i chirurghi, ed erano imbottite di superstizioni di ogni genere.
Le levatrici che invece vivevano nei centri urbani incominciarono a formarsi nei primi ospedali, e fecero pratica sulle madri di figli illegittimi, su prostitute e donne indigenti. Non di rado queste partorienti morivano di febbre puerperale.
Nel nostro paese, grazie al Regio Decreto del 1876, si arrivò ad un’unificazione, in senso moderno e scientifico, dell’esercizio professionale e della formazione ostetrica nel neonato Regno d’Italia. Nel 1906 vennero istituite le Condotte, nel 1975 i Consultori familiari, nel 1978 le Condotte vennero abolite..
All’epoca delle Condotte, le ostetriche si occupavano interamente delle donne del loro territorio, dalla pubertà alla menopausa, dal travaglio al puerperio, assistendole quando avevano aborti e quando davano alla luce i loro bambini. Sapevano tutto dei problemi delle donne, e dove non arrivavano loro, c'erano le donne di famiglia e le “donne di esperienza”, le comari, ovvero le discendenti di quello stuolo di femmine che anticamente partecipava all’evento sociale della nascita. Erano loro ad occuparsi di allattamento, cura del neonato, cura della puerpera.
Successivamente, la nascita ha traslocato interamente negli ospedali, dove spesso le ostetriche valevano come il due di denari quando briscola è coppe.
Quando leggo commenti del tipo “Basta con le doule, difendiamo la nostra professione! Dobbiamo riprenderci ciò che è sempre stato nostro” mi chiedo: a quale passato si riferisce quel sempre, esattamente? A quello che precede l’avvento dell’ostetricia chirurgica? A quello delle levatrici che firmavano con la croce? A quello delle Condotte? A quello della sudditanza ai primari? A quello dei consultori?
Se non ci fosse stato il femminismo non sarebbero nati i consultori, e il femminismo non era mica formato da un circolo di ostetriche. E’ stato poi il movimento culturale degli ultimi trent’anni che ha portato a una maggiore consapevolezza dei bisogni di madri e bambini, che ha  reso gli ospedali più accoglienti, che ha pensato un modo diverso di esercitare l'arte ostetrica, che ha indotto un certo numero di donne a scegliere di partorire a domicilio, che ha promosso una diversificazione dell’offerta. Un movimento composto di tante donne e alcuni uomini, ostetriche,  psicologhe, pedagogiste, ginecologhe, madri, deputate, editori…. Che ha generato tante figure, ultima delle quali (almeno in Italia) è la doula.
Questo movimento è anche lo stesso che ha portato in auge il concetto della fisiologia della gravidanza e del parto, care ragazze, e che ha insistito sulla centralità alla figura dell’ostetrica, non dovreste dimenticarlo.
Le doule sono una risposta a una richiesta, mica cerchiamo di attirare le mamme andando fuori dai consultori a distribuire caramelle con la droga al posto del ripieno di lampone. La doula è una risposta, certamente non l’unica possibile. E non si pone in nessun modo, ormai mi annoio a ripeterlo, in alternativa alle ostetriche. Ci si dovrebbe interrogare insieme  su quali siano le giuste risposte per le nuove domande.
Vi invito a fare attenzione al tono un po' oscurantista con cui state combattendo questa battaglia contro le doule, perché così facendo rischiate di promuovere un'immagine estremamente medicalizzata di gravidanza, parto e puerperio.

2 commenti:

  1. Non sono doula, non sono ostetrica, sono la mamma di due bambini : uno di tre anni e l'altro di 11 settimane di esistenza (nel grembo materno).

    Non mi permetto di dire null'altro, se non che, condivido e che oltretutto non è "facendosi la guerra" (dialettica) che si aiuta il cerchio delle donne! Evviva la doula, evviva l'ostetrica, evviva la donna vicino alla donna!

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