Ho imparato a massaggiare i miei figli quando erano poco più che neonati da una donna che non ho mai conosciuto personalmente. Non ho mai sentito la sua voce, nè ho mai visto il colore della sua pelle e dei suoi capelli, perchè l'ho sempre vista solo in bianco e nero.
Il libro ce l'ho ancora, ingiallito dai quasi quarant'anni di vita. In copertina la faccia di una giovane donna indiana sorridente, la grossa treccia appoggiata alla spalla sinistra: lei, Shantala.
Guardando le fotografie scattate a Calcutta da Frederick Leboyer, ho appreso l'arte di nutrire i piccoli con il tocco delle mani. Shantala è immortalata seduta a terra, con le mani lucide di olio tiepido che massaggiano ritmicamente il corpo del bambino nudo, appoggiato alle sue gambe distese. Lo guarda, lo accarezza, lo impasta, lo distende, con gesti vigorosi e sensibili.
Bevevo quelle immagini e ripetevo i gesti, modulandoli a quella che ero io, giovane sgarrupata bolognese ubriaca di prolattina, mentre lei era una giovane donna di un'India lontana e poverissima. La guardavo e facevo miei quei movimenti, quel modo di osservare e sentire i cuccioli della mia specie.
Dopo, molto dopo, è arrivata Vimala McClure e il massaggio infantile diffuso dall' AIMI, quello che tutti oggi conoscono. Ma io, come molte altre della mia generazione, ho imparato da Shantala, in anni in cui la puericultura corrente si concentrava solo sull'igiene, i controlli e gli orari da rispettare.
Sarebbe bello poterla ringraziare, chissà se lei lo sa quanto ha significato per noi....
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