giovedì 12 febbraio 2015

Non mi piego a una diagnosi

foto di Dorothea Lange


di Marzia Bisognin



Io continuo con la sola forza nel non piegarmi, del volermi bene anche in questa mia situazione, del non fare a me stessa quello che la società fa alle mamme che non ce la fanno. Non mi piego a una diagnosi, non mi piego a un modello, mi prendo e mi guardo, e chissà che questo non serva anche a quel figlio con cui fatico tanto, chissà che con questo io non gli stia insegnando ad amarsi anche quando si troverà a confrontarsi con il buio di se stesso.

Questa è la chiusura di un post pubblicato sul blog di Eretica (altrimenti conosciuta come Abbatto i muri).
Eretica sta ospitando una straordinaria raccolta di testimonianze di donne sul tema della maternità. Tutto è partito da un racconto che lei ha ricevuto, e che ha pubblicato con l'inequivocabile titolo "Ho un figlio: sono pentita di non aver abortito". E da lì è successo che, per dirla con parole sue, "il post non ha aperto un varco: ha fatto crollare una parete intera. E’ venuto giù il velo di ipocrisia che resta sempre presente quando si parla di amore materno".
Ogni volta succede così. Ogni volta che una madre si fa coraggio e dice quanto sia difficile per lei, quanto si senta distaccata dal figlio, quanto le risulti penosa la vita che si sente costretta a fare, quanto si senta frustrata, si aprono le cataratte, e prima una, poi un'altra e poi un'altra..... scoppiano e si aprono una dopo l'altra, con un effetto pop-corn in padella, avete presente quello scoppiettio crescente? Questo fenomeno lo ha raccontato molto bene Deborah Papisca nel suo Di materno avevo solo il latte.

Sono storie a cui è bene accostarsi disarmate, perchè di fronte a chi ha il coraggio di denudarsi occorre deporre qualunque cosa che abitualmente sappiamo usare come arma: il giudizio, la morale, l'ideologia o la nostra esperienza personale. Sono storie ustionanti oppure fredde come il ghiaccio, che possono far male perchè in fondo riguardano tutte. Chi è la madre che in tutta onestà possa dire di non sapere cosa sia quel gorgo scuro che rende intollerabile un pianto in più, una richiesta in più, un'incombenza in più, un risveglio notturno in più? Perchè non lo si può dire senza essere sommerse di disapprovazioni mugugnate, consigli paternalisti, diagnosi raffazzonate, pallosissime spiegazioni razionali?
Quella tra madre e figlio è una relazione, e come tutte le relazioni ha bisogno di autenticità. La maternità è meravigliosa e terribile nello stesso modo in cui è meravigliosa e terribile la vita, piena di gioia e di dolore, di corse a rotta di collo e di inciampi. Tutto è in continua mutazione, ma ogni dolore inespresso si cristallizza e non può trasformarsi.

Per una volta anch'io rimpiango qualcosa dei tempi andati, e ne propongo il recupero, linciatemi pure. Mi riferisco alle ninne nanne truculente, così liberatorie, capaci di depurare dalle tossine delle notti insonni. Tipo Ninna aa ninna o questo bimbo a chi lo do, lo darò all'uomo nero che lo tiene un anno intero
Beh, comunque abbiamo il bellissimo Fai 'sta cazzo di nanna.
E allora concludo con un'eccellenza del truculento, un video del favoloso Paolo Poli.




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