Immagine tenera, bambino che poppa soddisfatto, mamma con sorriso romantico, papà che contiene entrambi in un abbraccio. Lo slogan: l'allattamento non è solo un'affare di donne.
Immagino, anzi non ho dubbi, che l'intento dell'Unicef fosse quello di dire che una donna che allatta ha bisogno di sostegno, in primis dal suo compagno. E però a me fa venire l'orticaria, e non solo a me, a giudicare dalle reazioni di molte donne in Francia.
Veniamo tutti, uomini e donne, da una cultura secolare che vedeva le donne come una proprietà degli uomini. Prima erano proprietà del padre, che poi le accompagnava all'altare per consegnarle ai mariti. E se non si sposavano restavano zitellamente nella casa paterna, oppure potevano scegliere di diventare spose del Signore. Se avevano troppi grilli impazienti per la testa erano non di rado giudicate matte e i manicomi erano pronti ad aprire le porte. Prima ancora ne hanno bruciate tante, chiamandole streghe.
Non sono tempi così lontani. Settanta donne uccise in Italia in otto mesi dai loro ex dicono che le donne non possono ancora considerarsi autonome, libere, e non un possesso dell'Homo Masculus.
Perciò cara Unicef devi stare attenta a usare le parole. Dire che io, in quanto madre di un neonato, ho bisogno di sostegno, di cura, di attenzioni è sacrosanto. Dire che il latte materno è la norma biologica è pure sacrosanto. Ma la frase che hai usato su quella foto non si può sentire, dice che le mie tette non sono solo affar mio, che quello che decido di fare con il mio corpo non è solo affar mio.
Il corpo della madre non è un bene comune, non lo è il suo seno come non lo è il suo utero.
E poi scusa, se il compagno è lì per sostenerla, perché la sovrasta e si appoggia a lei?
E poi scusa, se il compagno è lì per sostenerla, perché la sovrasta e si appoggia a lei?
Così, tanto per dire.
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