lunedì 14 maggio 2012

Il teorema sulle doglie

foto degli anni '20
grazie a Marco Guidelli Guidi per avermela fatta conoscere 


Non bastava la compianta dedizione femminile a tenere unita la coppia, la notizia è che anche il dolore del parto naturale la tiene unita. Punto esclamativo. Lo afferma l'ostetrica Emanuela Rocca nel suo articolo su Il Bambino Naturale.
Le doglie non sono più qualcosa tutta interna al corpo della donna, qualcosa che appartiene alla sua esperienza e al suo percorso esistenziale. No, hanno un valore aggiunto, una funzione che trascende la sua carne e il suo spirito: possono salvare la coppia dal terremoto che l'arrivo di un figlio provoca.
L'autrice ci dice che è la donna che vive la gravidanza nel proprio corpo, che sente il bambino crescere e vivere dentro di sé. E' lei che prova il dolore del travaglio e quelle forze che porteranno alla nascita del bambino. E' lei che allatta al seno il nuovo nato, in un rapporto che fisiologicamente è molto speciale ed esclusivo. L'uomo, continua l'autrice, tende a sentirsi escluso, e con il tempo questo potrebbe intaccare il rapporto di coppia, logorandone i delicati equilibri.  Ecco perchè cercare di coinvolgerlo, fargli toccare la pancia, portarlo alle visite e alle ecografie.
Non per dargli  la possibilità di essere un padre più consapevole, come pensavo io, non perchè è appassionante vivere questa avventura insieme, ma per non farlo sentire escluso e tenere unita la coppia, proprio come una trepidante eroina ottocentesca.
Ma il momento chiave, ci dice Emanuela Rocca, si avrà durante il parto, grazie alla presenza del dolore.  Sì, perchè la donna che prova dolore lo manifesta gemendo, lamentandosi, chiedendo di essere massaggiata. Se lui è capace di provare empatia nei confronti della propria compagna, se cioè è in grado di immedesimarsi nel suo dolore, nella sua fatica e nella sua ricerca di un sostegno, allora ha in mano le potenzialità e i mezzi per aiutarla e sostenerla nel percorso. La coppia che riuscirà ad affrontare e superare insieme il dolore del parto, ne uscirà più solida, più unita e pronta per accogliere il bambino.
In assenza della componente dolorosa del travaglio, la donna vive invece l’intero percorso in una condizione di maggiore passività, più distaccata da ciò che succede all’interno del proprio corpo. Ergo, non sente la necessità di un sostegno e di un appoggio da parte del partner che, di conseguenza, si trova anch’egli passivo, spesso inutile, in attesa degli eventi. E dunque la coppia ne uscirà meno unita.
La vita è talmente piena di misteriose alchimie, che trovo avvilenti certi teoremi che tentano di far quadrare il cerchio.  Ma ancora di più mi avvilisce quest'idea che il corpo femminile sia una specie di patrimonio di famiglia.
Era naturalmente auspicabile che gli uomini si sentissero coinvolti in prima persona, dal concepimento fino a trovare un nuovo modo di essere padri, e il fatto che sia successo è una grande conquista per tutti. Oggi però tutto è al plurale, come se la specificità femminile nel percorso fosse sempre più sbiadita, indistinguibile da quella maschile. I corsi pre-parto sono rivolti alle coppie, gli anticoncezionali più raffinati, dal punto di vista della ricerca scientifica, sono pensati solo per il corpo delle donne e il massimo della mistificazione l'ho trovato in una testimonianza di un uomo che si concludeva con “alla fine abbiamo deciso di abortire”. Un "abbiamo deciso che lei avrebbe abortito" mi sarebbe sembrato più consono, e sicuramente più rispettoso. Le parole hanno un significato, usare un'espressione anzichè un'altra cambia la sostanza di un discorso.
Quello che accade nel corpo della donna è diventato patrimonio della coppia, ed è un fatto così normale che nessuno ci fa nemmeno caso. Ci mancavano giusto le doglie al servizio della stabilità coniugale, per completare il quadro.
Giusto per puntualizzare, io ho fatto tre parti senza analgesia, padre sempre presente. Tre esperienze profonde, potenti, indimenticabili. Se tornassi indietro, rifarei tutto. Tre figli, tre padri diversi. La presenza dei padri ai miei parti è stata per me importantissima, da loro mi sono sentita amata e rispettata, hanno saputo proteggermi senza varcare il confine di ciò che era solo mio. 
Ma nonostante questo, tre separazioni su tre. Il teorema Rocca non ha funzionato. Punto esclamativo.

7 commenti:

  1. Dici bene, il "teorema Rocca", fa pensare alla canzone ''Prendi una donna, trattala male...''. Il guaio degli articoli di BN è che 9 volte su 10 generalizzano esperienze personalissime con un'ingenuità disarmante. Se non facesse venire il nervoso.

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  2. Ingenuità disarmante è un'azzeccata definizione, ma Emanuela Rocca non è una ragazza qualsiasi, che espande la sua esperienza personale non avendone avute altre. E' un'ostetrica con dieci anni di esperienza, che si è laureata con una tesi sul dolore del parto, che ha una collaborazione fissa con un portale piuttosto seguito...... gulp :-(

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  3. Concordo con te, Marzia, su tutta la linea. Con Emanuela riesco a volte a dialogare, pur avendo idee irrimediabilmente diverse. Aggiungo che secondo me la partecipazione empatica del padre è possibilissima pure in epidurale, il teorema che trovo più traballante è l'idea che il supremo dolore coincida con la suprema intensità dell'esperienza. Io trovo positivo che il percorso nascita si rivolga alla coppia, se poi ci si separa quello conta poco, perché comunque si resta sempre genitori in due.

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  4. Io trovo traballante l'idea che il dolore del parto debba avere dei valori aggiunti.
    Il supremo dolore, in generale e non solo quello del parto, coincide certamente con la suprema intensità dell'esperienza umana.... fatto che in sè può essere molto positivo, oppure molto negativo. Sono tante le variabili, e sempre soggettive.
    L’amore tra due persone si nutre innanzitutto per il rispetto dell’integrità dell’altro.
    Vero, non vedo perchè il compagno in questione non possa massaggiare o coccolare la partoriente, anche se costei ha fatto l’epidurale….. Il massaggio non è mica un premio da riservare a chi sta soffrendo.... Quest'immagine di uomo che si sente escluso dall'esperienza corporea della maternità, e che solo il dolore di lei lo può fare avvicinare....mi fa venire l'orticaria, ma direi che siamo di fronte a una fantasia

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  5. 1Cara Marzia,
    Questo tuo articolo mi ha lasciato l'amaro in bocca. E' normale che ciò che ho detto possa non essere condiviso, io credo e ho sempre detto che non esiste una sola verità, così come non esistono cose giuste o sbagliate in valore assoluto, ma cose giuste per qualcuno che per altri possono non andare bene e viceversa. Io non penso di avere la verità in bocca e nel mio articolo su Bambinonaturale ho scritto che il dolore in travaglio PUO' unire la coppia, ma non ho mai detto invece il contrario (ovvero che in assenza di dolore la coppia non sia unita...)...me ne guardo bene anche perchè non lo penso!!!! Facciamo una riflessione.
    Da sempre un'esperienza che abbia una componente dolorosa e che venga condivisa con la partecipazione attiva, empatica e coinvolta e poi superata grazie a questa condivisione empatica, può unire le persone protagoniste di questa esperienza e di questa condivisione...non mi pare una cosa strana... Qualunque persona con cui abbia affrontato questa riflessione si è trovata d'accordo con questo (e non l'ho condivisa solamente con le colleghe, se questo può giocare a mio favore visto che ci considerate come un mucchio di invasate...)...è un fatto normale della vita, è una cosa perfettamente umana... E perchè non potrebbe essere valida anche per il travaglio e il parto? Io di travagli e di parti posso assicurarti che ne ho seguiti veramente tanti, non sono esattamente di primo pelo in questo. E ciò che dico deriva anche dalla mia esperienza. Se dico che spesso il partner di fronte ad una compagna che travaglia con dolore si sente maggiormente coinvolto sia fisicamente che empaticamente non lo dico mica per niente...lo dico perchè l'ho notato!! Se dico che un partner che affianca la propria compagna che grazie alla peridurale si riposa e non avverte il dolore, molto spesso riposa anch'egli e viene coinvolto in misura minore (perlomeno durante la fase dilatante), non lo dico mica perchè non so cosa dire...lo dico perchè l'ho notato!!! E' dal 2004 che seguo travagli e parti....ne avrò visti...o no? Ma in quello che dico non c'è alcuna accezione negativa, è questo che non è stato capito!!! Ho descritto delle situazioni piuttosto reali e comuni... La componente dolorosa del travaglio fa sì che la donna chieda aiuto, che chieda un sostegno pratico e attivo (e anche qui non mi pare di dire una cosa strana)...e il suo partner è la persona alla quale principalmente ella si rivolge perchè è con lui che è cominciato quel percorso (il desiderio di diventare genitori, l'amore che li ha spinti ad unirsi per concepire quel figlio, la gravidanza...) e nella maggior parte dei casi è con lui che desidera condividere la nascita... Un partner al quale viene chiesto questo tipo di sostegno e di presenza attiva e coinvolta, sicuramente si sente molto coinvolto emozionalmente, fisicamente, empaticamente...

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  6. ciao Emanuela, mi hai risposto sia qui che privatamente. Non ho capito se con la frase "magari tu non pubblicherai questo commento nel tuo blog" ti riferivi alla mail privata o a questo commento pubblico, comunque io non cancello le cose che altri scrivono.
    Ho commentato pubblicamente il tuo articolo (segnalandotelo correttamente) perchè era, appunto, un articolo pubblico. Diverso sarebbe stato se avessi commentato sul blog una cosa che tu mi avevi detto privatamente. Questo sì sarebbe stato scorretto.
    Hai ragione, il titolo e il tono del mio articolo sono un po' sarcastici, lo riconosco. Ma non c'è diffamazione, no, non ti ho messo in bocca cose che non hai scritto.
    In sostanza la mia critica verte su un punto: che il dolore del parto abbia un valore aggiunto, che va al di là dell'esperienza profondamente personale, corporea e spirituale della donna in travaglio.
    Certo, lo so anch'io che un'esperienza dolorosa vissuta insieme può unire, ma del resto può anche dividere. Ho vissuto abbastanza da sapere entrambe le cose. Dunque.... non abbiamo detto niente !
    Ma allora, se io ho equivocato e tu non volevi dire che c'è un valore aggiunto al dolore delle doglie, un qualcosa in più che è utile alla stabilità della coppia, che cosa volevi dire? Forse io ho interpretato male, ingannata dai miei pregiudizi....ma se è così ti chiedo: perchè hai scritto quell'articolo, per dire che cosa?
    Tu dici "Qualunque persona con cui abbia affrontato questa riflessione si è trovata d'accordo con questo (e non l'ho condivisa solamente con le colleghe, se questo può giocare a mio favore visto che ci considerate come un mucchio di invasate...)". Beh, quel "qualunque persona" direi che è eccessivo, non fosse altro perchè in calce al tuo articolo ci sono commenti d'altro tipo. Non generalizziamo troppo, che non ci fa onore. Ma a chi ti riferisci con quel plurale "ci considerate delle invasate"? Io ho parlato a titolo personale, e ho risposto a un articolo che hai scritto tu. Siamo due singolari. E in ogni caso non ti considero un'invasata

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  7. Io credo che l'articolo che ho scritto sia stato travisato da molte persone che, come per te sono state "ingannate" da pregiudizi...
    Io ho detto che il dolore durante il parto può unire la coppia che lo vive , lo condivide e lo supera insieme anche grazie alla partecipazione attiva ed empatica del partner...il che però non sottointende il contrario, come invece tu mi hai messo in bocca! E dire che il dolore può unire non sottointende nemmeno che non possa dividere. In alcuni casi se non vissuto con una buona preparazione e non accompagnato dalla giusta assistenza, non escludo che possa incrinare una situazione che magari non appoggia su solide basi. Dici che do un valore aggiunto al dolore...perchè no? Più che un valore aggiunto, però, lo vedo come una chiave interpretativa in più, ma non un valore assoluto, questo no.

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