venerdì 8 giugno 2012

Non si muove foglia che Dio non voglia

Elisa e Silvia sono mamme di un bambino di quattro mesi, Martino. 
Fanno parte dell'associazione Famiglie Arcobaleno, e vivono a Bologna nel quartiere Bolognina.
Intervista a Elisa Dal Molin, che ringrazio di cuore

foto di Anthony J

All’interno di Famiglie Arcobaleno c’è una rete di sostegno, quando nasce un bambino?
Generalmente si entra in Famiglie Arcobaleno quando si ha voglia di avere un bambino, e la prima cosa che si fa è chiedere informazioni sulle cliniche e sui vari percorsi da seguire. Qualcuno è già andato lì? Qualcuno ha già preso questi farmaci? Qualcuno mi sa consigliare un posto piuttosto che un altro? E da questi scambi iniziano subito a nascere dei rapporti di amicizia, perché di Famiglie Arcobaleno ce ne sono tantissime. Generalmente, quando una persona arriva all’associazione pensa di essere da solo o quasi, poi scopre di essere in buona compagnia. Ad esempio, qui nella nostra strada, che è una piccola strada di quartiere, per un periodo ce n’erano tre di Famiglie Arcobaleno.
Quando poi nascono i bambini resta questo rapporto molto forte, fatto anche di informazioni per cercare di sfuggire il lato brutto della burocrazia. Noi abbiamo un sacco di problemi burocratici legati al mancato riconoscimento, dunque serve avere le informazioni sulle esperienze delle altre famiglie, per sapersi muovere. Che può essere: “come devo compilare il modulo dell’asilo nido perché a tutti i costi vogliono che io metta il papà?” In genere sono problemi che si risolvono andando a parlare personalmente con i responsabili, e a secondo delle città, delle regioni, ci sono situazioni più o meno avanzate.
Invece della parola papà si potrebbe mettere “genitore uno” e “genitore due”, che è molto più neutro e permetterebbe di comprendere anche le famiglie ricomposte, ad esempio. Non si tratta solo di tutelare le famiglie omogenitoriali, perché ci sono situazioni in cui la definizione papà e mamma può avere un significato non del tutto chiaro, perché il bambino può vivere con la mamma e il nuovo compagno…. Insomma, in Famiglie Arcobaleno trovi qualsiasi tipo di informazione per qualsiasi problema. Non so, è meglio andare al Maggiore o al S.Orsola, dov’è che non si fanno tanti problemi? E il pediatra, chi è più frendly?  E per fare il passaporto? Tutto questo genere di informazioni io le ho avute attraverso Famiglie Arcobaleno. 

Com’è stata la tua gravidanza?
Il mio percorso è stato assolutamente normale, come qualsiasi donna incinta, ho fatto il corso pre-parto al poliambulatorio di via S.Isaia, dove erano tutte coppie etero, io e la mia compagna lo abbiamo fatto insieme a tutte le altre coppie e non c’è stato alcun tipo di problema. Diciamo che il mondo reale è molto più avanti del mondo istituzionale. A parte il primo momento, non dico di imbarazzo, ma comunque di stupore dell’ostetrica che teneva il corso, non ci sono stati problemi, anzi forse c’è stato un pensiero particolare perché era la prima volta che le capitava una coppia di due donne, e quindi non sapeva esattamente che parole, che termini usare, per cui diceva “il papà… o la compagna…. o il compagno” e così cercava un po’ di rimediare alla naturalezza di dire la mamma e il papà. Si capisce, non c’è questa idea che una coppia di soli uomini o una coppia di sole donne possano avere un figlio. Però a parte questi svarioni linguistici, che il più delle volte rientravano, non ci sono stati problemi né da parte dell’ostetrica, né da parte delle altre persone che frequentavano il corso. Con alcuni ci siamo anche mantenuti in contatto, per fare il corso di massaggio infantile.
Si da per assodato che lui ha due mamme, e fine. Sì, sicuramente c’è più turbamento di fronte a una coppia di maschi, di padri. Fa più effetto anche all’interno di Famiglie Arcobaleno, infatti ci sono spesso discussioni anche abbastanza forti sulla maternità surrogata, sullo sfruttamento della donna, sull’eticità della cosa. Devo dire che la cosa che mi ha fatto un po’ cambiare idea, che mi ha fatto ritenere la cosa un po’ più naturale, è stato vedere quanto mio fratello, all’interno di una coppia etero normalissima, fosse più portato alla cura dei bambini rispetto alla compagna. Mi sono detta beh non è detto che sia sempre la donna quella che ha gli atteggiamenti più materni o di cura.
C’è una coppia di nostri amici, che vorrebbero avere un bambino o una bambina. Devono ancora iniziare il percorso, perché per gli uomini è molto più complicato e costoso, si parla di 80 – 100.000 dollari, e allora penso che se ci sono persone che decidono di spendere tanti soldi, e di complicarsi così la vita per avere un bambino, vuol dire che sono assolutamente motivati. Senza avere alcuna certezza poi, perché non puoi essere sicuro al cento per cento. C’è gente che ci ha provato due-tre volte, quindi con esborsi da paura.
Io ho fatto la fecondazione in vitro per un problema di scarsa capacità ovarica, per cui, per avere una maggiore probabilità di restare incinta, è stato  deciso di fare la fecondazione in vitro. Quindi ho fatto la stimolazione ormonale, molto pesante per via di questi problemi, e poi sono stata molto fortunata perché al primo tentativo sono rimasta incinta. Gli embrioni erano due, e ne ha attecchito solo uno. Avrei potuto avere due gemelli. Avevo molto chiaro di cosa voleva dire avere due gemelli, perché avevo vicino l’esperienza di mio fratello, ed ero anche molto spaventata di questa possibilità, perché due gemelli sono decisamente molto impegnativi. La mia famiglia è di Belluno, e noi non avremmo potuto godere dello stesso aiuto familiare che hanno avuto loro.
Due bambini il primo anno non sono facili, anche se è bello vedere come crescono. Una coppia di nostre amiche hanno due bambini che adesso hanno quattro anni e loro sono felicissime. Ma il primo anno, se non hai un aiuto familiare, è davvero difficile. 

Quali reazioni avete incontrato, di fronte al fatto che siete una coppia omogenitoriale?
Il pediatra, quando io e la mia compagna ci siamo presentate, non ha avuto nessun tipo di problema, anzi. Io gli ho detto “Non verrò sempre io col bambino, adesso sono a casa in maternità e quindi per un po’ verrò io, però poi verrà una delle due. Io spero di non dovere fare delle deleghe…” “No, assolutamente no, siete una coppia come tutte le altre.” Era stato scelto dalla mia compagna, che andata da sola la prima volta, e lui le aveva chiesto “Ma lei chi è?” perché ovviamente non si capiva…non era una madre…. Lei gli ha spiegato la situazione e lui forse ci ha aiutato di più ad avere tutti i moduli, a fare tutto di corsa per avere il pediatra che volevamo noi, che se fossimo stati una coppia normalissima. Ha avuto una partecipazione, una premura, che forse non era nemmeno dovuta. Anche quando siamo andate a fare il vaccino, non abbiamo detto niente, però hanno capito subito, hanno parlato a entrambe nella stessa maniera. Poi certo, quando arriva il momento di firmare devo firmare io. Il cognome è il mio, è il mio figlio biologico.
Nel nostro condominio abitano quasi tutte persone anziane Noi non abbiamo mai detto “siamo una coppia”. Lo hanno capito piano piano, col tempo. Poi un giorno mi hanno visto con la pancia, e c’è stato un attimo di smarrimento. Chi non aveva ancora fatto due più due lo ha fatto, ma quando è nato sono tutti impazziti per questo bambino, tant’è che abbiamo dovuto fare una sorta di rinfresco per il condominio. Abbiamo invitato tutte le vecchiette, metà erano vestite da casa e metà da festa, ma tutte hanno portato i regalini per lui. Quando saliamo o scendiamo le scale ci mettiamo dei quarti d’ora se le incontriamo, cosa che capita spesso a dir la verità. Sono molto affettuose con me, però anche con la mia compagna parlano del bambino alla stessa maniera.
Coppie di genitori maschi a Bologna, che sappia io, non ce ne sono. C’è una coppia di aspiranti papà, che dovrebbero iniziare tutto l’iter a luglio. Per loro è tutto molto più lungo e complicato, perché si devono rivolgere ad agenzie che in genere sono negli Stati Uniti e in Canada. Gli uomini una volta potevano andare anche in Ucraina, ma adesso non è più possibile. La legge non è molto chiara, per cui è troppo rischioso.
Su questo punto Famiglie Arcobaleno vorrebbero una GPA etica (GPA sta per Gestazione Per Altri). Negli Stati Uniti e in Canada la cosa è molto ben regolata.
Anche in India si può fare una GPA, oppure in Thailandia, però lì c’è molto del torbido.
Negli Stati Uniti funziona così: ci sono una donatrice e una donna che porta, ovvero che fa la gestazione. La donatrice degli ovuli è generalmente anonima, però dipende dagli stati. Invece la coppia può decidere chi sarà la portatrice. La portatrice non può essere una donna che non  ha figli, deve già essere madre, cioè non deve avere un desiderio di maternità, e non deve essere in condizioni indigenti, quindi non lo deve fare per necessità economica. Non deve essere un lavoro, insomma, qualcosa che sia uno sfruttamento delle donne interessate. Mentre in India o in Thailandia, tutta questa parte del non avere effettivamente bisogno di questo denaro è molto, molto torbida.
In Canada o negli Stati Uniti ci sono delle selezioni, da un punto di vista psicologico e fisico, sulle donne che possono fare tutto questo.
Chi porta avanti la gravidanza non deve avere un legame di sangue con quel bambino, per questo ci sono una donatrice e una portatrice. Comunque le esperienze che ci ha portato chi ha fatto questa esperienza sono molto belle, parlano di rapporti mantenuti nel tempo con le portatrici. Alcune coppie hanno avuto anche il secondo figlio dalla stessa portatrice.
In Canada e negli Stati Uniti è tutto molto ben regolamentato, anche per quanto riguarda i passaporti, le assicurazioni, la possibilità di rientrare poi in Italia con questo bambino. Mentre in India, ufficialmente, due uomini non potrebbero, per cui ti muovi un po’ alla cieca, vai al consolato e dici “Eh… mi è nato un
bambino”. Fino a poco tempo fa non c'erano problemi, ma adesso il consolato fa fatica a riconoscerlo, quindi rischi di avere questo bambino che resta lì chissà per quanto tempo. C'è stato in Francia, o in Belgio, un caso molto brutto, con un bambino nato in Ucraina, che ci hanno messo un sacco di tempo per potere rientrare.
In Sudafrica e in Brasile la maternità surrogata è possibile solo per residenti, per cittadini del paese, quindi almeno uno della coppia deve essere sudafricano o brasiliano. L'Austria so che sta discutendo un progetto di legge, però siamo veramente molto molto indietro.

Come siete arrivate alla decisione di avere un bambino?
Io avevo questo desiderio da moltissimi anni. Dal 2002 al 2005 ho lavorato in Cina, e lì ho capito che in realtà io volevo fare una famiglia, e per me fare una famiglia voleva dire fare dei figli, così ho
deciso di rientrare in Italia, anche se lì avrei potuto vivere decisamente meglio, dal punto di vista economico e della carriera.
La mia famiglia me la vedevo in Italia. Per cui questa è stata una decisione maturata nel tempo, che mi ha fatto fare una serie di scelte peggiorative dal punto di vista della carriera e del lavoro, però migliorative dal punto di vista della mia vita affettiva.
E' stata abbastanza dura convincere la mia compagna, perchè lei non ci aveva mai pensato. Noi ci siamo conosciute dopo che avevo maturato la decisione, il mio desiderio era un desiderio a prescindere. Questo in qualche maniera mi ha avvantaggiato, perché non abbiamo dovuto litigare su chi delle due avrebbe fatto il bambino.
La fecondazione l’ho fatta a Bruxelles, in Italia naturalmente è vietatissimo. In Belgio è possibile, e tra l’altro è possibile farlo attraverso le strutture pubbliche. In Spagna è pure possibile, ma sono tutte strutture private. A me piaceva l’idea di andare in una clinica universitaria, che ti da un po’ meno l’idea del solo businnes, come invece è la Spagna. Da Bologna la gran parte vanno in Belgio, ma probabilmente è una sorta di passaparola, le prime si sono trovate bene e così si va tutte lì.
Alcune coppie hanno cercato di avere un figlio a testa, con lo stesso donatore, in modo che i figli, nati da due donne diverse, avessero comunque metà del patrimonio genetico uguale. Dal punto di vista legale è importante, anche se in Italia è difficilissimo da dimostrare. In Europa il seme di un donatore non può essere utilizzato all'infinito, in Belgio un donatore non può avere più di sette-otto bambini, il numero esatto non lo ricordo, mentre negli Stati Uniti questo succede. Il divieto europeo è stato fatto per evitare che ci siano troppi fratelli in giro, mentre negli Stati Uniti ci sono dei casi di centinaia di bambini nati dal seme dello stesso donatore. C'è un film documentario che si chiama "Donor Unknown", donatore sconosciuto. Non è un granchè, ma ha il merito di affrontare il problema di queste cliniche.
Io e la mia compagna prima abbiamo deciso che volevamo avere la casa. Io lavoravo a Milano e ci siamo trasferite a Bologna, e poi abbiamo pensato di iniziare a fare tutto per avere il bambino. In realtà è tutto iniziato un anno fa, quindi sono stata molto veloce e fortunata, perchè la prima visita che ho fatto in Belgio è stata a fine gennaio dello scorso anno, adesso il bambino ha tre mesi.
Ho avuto la fortuna di trovare qui a Bologna un ottimo ginecologo, dell'ASL, che mi è stato consigliato da un'altra coppia. So che sta seguendo diverse coppie, perchè è particolarmente attento e sensibile al problema della procreazione, anche se assolutamente non è mai andato contro la legge, nel senso che per la legge 40 un ginecologo o un medico non può fornire degli ormoni per la stimolazione attraverso il sistema sanitario italiano. Per cui lui può dare solo assistenza medica, però i farmaci, ovvero gli ormoni, uno se li deve procurare da sè. Che vuol dire avere una ricetta in carta semplice, andare in una farmacia italiana e comprarla, a prezzo pieno. E il prezzo pieno può essere anche molto alto, dipende da caso a caso, io ho speso sui 3000 euro.
Io non le ho comprate in Italia, le ho comprate in una farmacia francese, se le avessi comprate qui avrei speso circa un terzo in più.
C'è un sito, www.cercounbimbo.net, credo il sito più strutturato tra quelli che ci sono, e dà qualsiasi tipo di informazione. Ovviamente sono tutte pensate per coppie etero.
C'è anche la farmacia del Vaticano dove hai lo sconto del 20 % perchè non paghi l'IVA, ma non hanno tutto. In Francia invece vai in una farmacia normalissima, sono le farmacie che ci sono sul confine. Loro vogliono la ricetta, con pagamento tramite bonifico, fanno dieci chilometri fino alle poste italiane e ti fanno un pacco refrigerato che ti arriva entro le ore 10.00 del giorno dopo, con tanto di fattura. Non è che c’è qualcosa di illegale, ti puoi comprare anche delle aspirine o del paracetamolo, perché anche quelle costano meno. Ieri a Famiglie Arcobaleno c’erano delle ragazze che avevano bisogno di acquistare questi ormoni e gli ho dato tutti i riferimenti di queste farmacie francesi, perché se devi fare una stimolazione un po’ pesante arrivi a risparmiare 1000-1500 euro. Son soldi.
Sembra complicato, sembra un mondo a parte. Ma c’è un giro enorme di informazioni. Anche non so, problemi con le maestre della materna e del nido, per la festa del papà. Insomma, inventati qualcosa!! Non deve essere “non voglio fare la festa del papà” intendiamoci, nessuna di noi pensa che siccome lui non ha il papà, allora nessuno deve festeggiare il papà. Gli altri hanno il papà, lui non ha il papà, ok, pensiamo a una maniera un po’ diversa per festeggiare, come del resto può succedere a Natale in una classe dove ci sono bambini musulmani per esempio. Pensiamo a qualcosa che includa tutti i bambini, anziché escluderne altri. Qui a Bologna nelle scuole è stato fatto un lavoro molto da grande da Famiglie Arcobaleno, in particolare da Ilaria Trivellato, che è la referente regionale. E’ da anni che lei collabora con l’Università e con il Comune, e vengono fatti regolarmente dei corsi di aggiornamento per le maestre dei Nidi e delle Materne sul tema delle famiglie omogenitoriali. Però Ilaria dice “la mia formazione io l’ho fatta anche studiando le famiglie adottive, per esempio, o le famiglie monogenitoriali. Io parlo del nostro problema, e in questo momento si sta parlando molto delle famiglie omogenitoriali, c’è molta visibilità, però in realtà sono molte di più le famiglie con un genitore solo, o le famiglie ricostituite, per le quali nelle scuole bisognerebbe fare dei lavori di sensibilizzazione per capire come trattare il bambino, per includerlo”.
Adesso è uscito il libro “Piccolo uovo” , edito dalla casa editrice Lo Stampatello, fondata da due donne. Questa coppia hanno quattro figli, tre nati da una e il quarto dall’altra, tra cui uno con ovodonazione completa, per cui hanno tutte le casistiche possibili. Il progetto della casa editrice è nato perché volevano che nei libri ci fosse anche la loro storia, che altrimenti nei libri c’è sempre “la mamma il papà e il bambino”. Così hanno creato una serie di titoli per potere spiegare queste famiglie diverse, diciamo così.
Un altro libro molto bello è “Il grande grosso libro delle famiglie” , che Lo Stampatello ha tradotto.  Anche qui ci sono tanti tipi di famiglia, ma non solo mamma e papà, o due mamme, o tanti genitori perché è una famiglia ricostituita, o una famiglia adottiva, ma anche la casa c’è chi ce l’ha grande, chi ce l’ha piccola, chi vive in roulotte, chi vive in igloo, chi vive nella tenda. C’è chi è cristiano, chi è musulmano, chi non è niente. C’è chi lavora fuori casa e chi lavora in casa. Quindi un bambino non può non trovare nel libro, tra tutte quelle presenti, una situazione in cui si sente rappresentato. E’ bella questa politica dell’inclusione. Includiamo tutti, perché il mondo è già così. Mica vogliamo che tutti facciano come noi, Io dico sempre “mio figlio sarà quello che sarà….. basta che sia contento”.
C’è un grossissimo dibattito dentro Famiglie Arcobaleno su come spiegare la famiglia, come sei nato. La storiella classica è “le due mamme volevano avere un bambino, però da sole non lo potevano fare, allora sono andate a Barcellona o a Bruxelles dove un signore gentile gli ha regalato un semino”. Questa è la storia classica che si racconta quando un bambino è molto piccolo, in modo che sappia subito come è nato. Perché non è che gli manca il papà, il papà non c’è. Il donatore non è il papà, perché è anche uno svilire la figura del papà. Il papà deve essere una figura importante, per me è stato ed è una persona importante. E’ una persona che ci deve essere. Non può essere solamente il legame genetico, non è il DNA che fa di quell’uomo il papà, come non lo fa di una mamma. Altrimenti una famiglia adottiva non sarebbe una famiglia.
Noi ci teniamo a spiegare subito questa cosa. Non è che non ha un papà, è che ha due mamme, ha una famiglia fatta così. Ci sono tanti tipi di famiglie e a lui è toccata questa. Martino ha due mamme, perché se non c’erano queste due mamme, lui non sarebbe nato. Anche se io fossi una madre single. Se io non avessi voluto, lui non sarebbe nato.

E quando è nato Martino, com’è andata?
Io ho partorito nei giorni della grande neve. Mi era stato programmato un cesareo la settimana prima, per via delle dimensioni del bambino e perché io avevo un utero con cicatrici profonde. Non ho avuto grossi problemi, però  erano i giorni della grande neve. Erano stati giorni pieni di confusione, perché c’era poco personale, c’erano un sacco di partorienti  e non potevano dirottare in altri ospedali nessuna, viste le condizioni delle strade. Silvia è stata sempre con me, e le ostetriche non avevano davvero tempo poverette. Anche dopo il cesareo, quasi non le abbiamo viste.  Non abbiamo detto esplicitamente che eravamo una coppia, ma credo fosse ovvio.
E’ venuta a trovarci in ospedale una nostra amica, anche lei Famiglia Arcobaleno, è stata lei che ha insegnato a Silvia come maneggiare il bambino per cambiarlo. Sembra tutto facile quando te lo spiegano durante i corsi, ma poi quando ce l’hai in mano tu questo esserino….Specialmente d’inverno, con quella manina che resta aperta e tu devi riuscire a infilarla….
Il corso pre-parto per me è stato molto utile e interessante, però è stato molto concentrato sul parto. Invece secondo me sarebbe utile fare più lavoro sul dopo.
Una volta era tutto più naturale, perché crescevi all’interno di una famiglia ampia e vedevi altri bambini nascere, e tutti si prendevano cura di questi bambini, per cui non succedeva che non sapevi da che parte prenderlo. Non succedeva che non sapevi che dopo mangiato te lo devi mettere sulla spalla per fargli fare il ruttino. Mentre c’erano alcune delle ragazze che hanno fatto il corso con me che non lo sapevano.
Io mi ritengo fortunata perché queste cose le sapevo già, insomma un’idea ce l’avevo.  E invece al corso ho visto donne che non avevano mai tenuto in braccio un bambino. E ora le vedo così stranite. Magari stanno sempre addosso al bambino, e non lo metterebbero mai sul tappetino a giocare, e poi “non metterti le mani in bocca”, che lui la prima cosa che impara a fare è mettersi le mani in bocca !
Oppure “oddio ha quattro bruffoletti….. sarà perché ho mangiato una fragola? Non la dovevo mangiare la fragola….??”
Quando ho iniziato tutto il percorso è stata pesante, perché lo sapevano in pochi. Un po’ per scaramanzia, ne avevo parlato davvero con poche persone. E con la mia famiglia non ne avevo parlato, loro non sapevano nemmeno che io volessi avere un bambino. Sapevano della mia compagna, dopo anni l’avevano accettato e con lei avevano un buon rapporto, però non avevano mai pensato che io potessi avere desiderio di avere un bambino. Quando ho detto che ero incinta, ci sono stati alcuni mesi piuttosto  burrascosi, per loro è stata una doccia fredda. Io avevo maturato questa decisione negli anni, e loro se la sono trovata davanti da un giorno all’altro. La mia è una famiglia classica, mio padre operaio, mia madre infermiera, un fratello. Una famiglia molto numerosa,  quella di mio padre in particolare è una famiglia vecchio stampo, con i nonni entrambi vivi, 89 e 93 anni. Quasi tutti i fratelli abitano vicini, quasi tutti che si frequentano, nessuno che abbia divorziato. Io gli dico “voi siete molto Mulino Bianco, e non vi rendete conto che la realtà è un po’ meno Mulino Bianco”. E’ molto bella come cosa, c’è molta unione, fino a qualche anno ci si trovava tutti per Natale. Adesso siamo troppi e non si riesce più a fare tutti insieme, così si fa scaglionati. 
Sono cattolici e praticanti. Gli è arrivata una tegolata in testa, perché fino a quel momento io non ero stata molto visibile nel paese. A Bologna sì, i miei amici lo sapevano, però il paese non lo sapeva, o meglio, lo sapevano ma facevano finta di non sapere niente, parliamo di un paese in provincia di Belluno di 6000 persone.  La mia maternità però non era una cosa che si potesse nascondere. Dunque questa cosa obbligava me a mettermi allo scoperto, ma di conseguenza anche loro, e questo era il problema principale, perché loro non erano assolutamente preparati. Cosa penserà la gente? E cosa diremo ai nonni?
Trascorsi i primi tre mesi mio padre ha fatto un cambiamento impressionante, e ha deciso che l’avrebbe detto lui. Io non volevo, ma con il senno di poi devo dire che è stata la cosa migliore. E’ riuscito a introdurre l’argomento con la famiglia nella maniera più corretta, io sarei stata aggressiva, perché avevo bisogno di difendere la mia scelta ed ero pronta a dar battaglia. Invece mio padre ha parlato con tutti nel modo migliore e dopo è stato tutto piuttosto naturale.
Mia nonna, che ha 89 anni, credo sia stata la persona che ha capito meglio, probabilmente anche più dei miei genitori, il mio desiderio di maternità. Ed è stata quella che mi ha fatto le domande più belle, si è preoccupata degli aspetti pratici, se mangiavo, se dormivo bene.  Poi mi ha chiesto “la tua amica, come la devo chiamare… perché è la tua compagna, giusto?”. Io le ho detto “chiamala pure la mia amica, non è un problema” ma lei ha capito subito la questione dei ruoli, cosa che invece i miei genitori fanno molta più fatica a comprendere.
Mia nonna invece ha capito subito, e dopo ha detto “non si muove foglia che Dio non voglia”. Basta. Se questo bambino doveva nascere voleva dire che qualcuno lassù aveva deciso che doveva nascere. Dunque è una cosa buona. Quindi, chiuso l’argomento.
Mi ha sorpreso la naturalezza con cui ha accettato la cosa, anzi era proprio contenta, perché lei non capiva perché non avessi un figlio, perché io non avessi una famiglia. Diceva “cosa c’è che non va? Elisa ha studiato, è brava. Lavora, è tutto a posto, perché non ha una famiglia?” Adesso quindi è più tranquilla. Sa che non sono da sola e che ho un bambino. Per lei è tutto a posto.
Sono andata su a Pasqua, per la prima volta con lui, è stata la presentazione ufficiale, sono stata su una settimana. E’ stata una visita continua, di tutti, gli zii, i parenti, gli amici, e tutto il paese alla fine, perché i miei famigliari sono impegnati, chi nella chiesa, chi nel volontariato, chi nel coro della chiesa, chi nel gruppo sportivo. Non è una famiglia nascosta nella realtà in cui vive.
Martino mi ha obbligato ad uscire allo scoperto, anche sul posto di lavoro. Alcuni lo sapevano, ma altri no. Nel momento in cui hai un bambino sei visibile al cento per cento, perché non esserlo vorrebbe dire creare due realtà, una realtà all’interno della casa e una realtà fuori. Ci sono alcune coppie, poche a dir la verità, che hanno fatto questa scelta, per cui all’esterno sono “una mamma e un’amica, oppure una mamma e una zia” .
Invece no, Silvia non è una zia e nemmeno un’amica. Se lui è nato è perché noi due abbiamo deciso.
Famiglie Arcobaleno punta molto su questo, sull’uscire allo scoperto. Perché è solo uscendo allo scoperto che le altre persone vedono, e vedono che non è una cosa così strana, così diversa, così brutta.
Ecco, di sedici famiglie che abitiamo qui in questo condominio, quindici hanno cambiato idea. Intanto sono quindici, non sono poche. E poi ci sono quelli sul lavoro, e poi ci sono quelli incontrati nel corso pre-parto, e poi quelli del corso di massaggio infantile. Quindi abbiamo fatto in modo che tante persone abbiano pensato, e si siano fatte delle domande. La mia gravidanza e la nascita di Martino hanno smosso tante cose, se tutti facessero così….
La letteratura scientifica dice delle cose molto chiare. Dice che un bambino non ha bisogno, per crescere bene, di una mamma e di un papà. Ha bisogno di crescere in un ambiente in cui si sente amato, curato, che gli dia delle regole. Che siano un papà e una mamma, o una coppia di donne, o un nonno e una nonna, o una madre da sola. Eppure in Italia dobbiamo stare a sentire dei discorsi come i figli dei gay diventeranno gay, eppure i gay sono nati da famiglie eterosessuali. Oppure quel parlamentare che ha detto “ma poi il bambino si chiederà quale dei due genitori è attivo e quale invece è passivo nel rapporto sessuale?” Io non credo che un bambino si ponga questo problema, credo, io almeno non mi sono mai posta il problema della sessualità dei miei genitori.
Poi c’è tutto il grande problema della tutela del minore, che non esiste, per la mia compagna. Se a me succede qualcosa, lei per il bambino non è nessuno. E allora cerchi di tutelarti un po’. Noi abbiamo fatto, davanti a un notaio e un avvocato, il “documento sfiga”.  E’ un testamento, di entrambe, in modo da destinare quello che puoi all’altra, e lei a lui. Poi io ho nominato lei tutrice, nomina che in ogni caso dovrebbe passare da un giudice minorile. E poi l’amministratore di sostegno. Però devi andare a pagare un avvocato, devi andare a pagare un notaio. Poi è vero che attraverso Famiglie Arcobaleno trovi l’avvocato frendly, il notaio frendly, per cui invece di spendere una paccata di soldi ne spendi molto meno. Anche perché vai lì con i documenti già pronti, perché la coppia che l’ha già fatto ti passa i documenti, tu li metti a posto adattandoli al tuo caso, e in pratica il notaio e l’avvocato si trovano il lavoro fatto.
Se ci dovessimo separare, io potrei prendere il bambino, andarmene via, e lei non avrebbe nessun diritto. Così come d’altra parte io non avrei alcun diritto di avere un sostegno economico da parte sua. Infatti pensavamo anche di fare un contratto di convivenza, ovvero un documento in cui dichiariamo che entrambe stiamo collaborando in questa famiglia, sia per la casa che per il bambino.
Ecco. Noi, e noi di Famiglie Arcobaleno, vogliamo assolutamente il matrimonio, andando controcorrente. Noi siamo reazionari, vogliamo figli e vogliamo il matrimonio. Non siamo rivoluzionari, siamo decisamente reazionari!

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