sabato 29 dicembre 2012

IBFAN risponde

Riporto integralmente la risposta di Paola Negri, presidente di IBFAN ITALIA, in merito alla sponsorizzazione di Popolini al convegno, e anche a tutti i quesiti usciti nel dibattito che ne è seguito. Ringrazio Paola e tutto IBFAN ITALIA per le parole equilibrate, accurate ed esaurienti.
10 Dicembre 2012
Cara Marzia,
con questa nostra lettera vogliamo rispondere ai tanti scambi di e-mail, con te e altre tue colleghe, che si sono susseguiti ultimamente riguardo a rispetto del Codice, doule e sponsorizzazioni. Rispondiamo a te, a seguito di un confronto all'interno del Direttivo di IBFAN Italia, ma il nostro intento è di dare una risposta a tutta la comunità delle doule che si è interrogata sul Codice in questi giorni. E' stato sicuramente uno scambio interessante, nel quale sono emersi vari pareri e punti di vista che hanno stimolato riflessioni e proposte.
Premettiamo che IBFAN Italia tra le sue finalità monitora il rispetto del Codice1 e segnala le sue violazioni: non rilascia “certificazioni” di rispetto o meno del Codice. Può esprimere pareri su singole situazioni circostanziate, ma non stabilisce se una ditta nel suo insieme rispetta il Codice. Semmai fa il contrario: poiché il rispetto del Codice dovrebbe essere la norma, segnala quando una ditta non lo rispetta.
Riassumiamo. Nei giorni scorsi è pervenuta alla segreteria di IBFAN Italia e a un componente del Consiglio Direttivo (Adriano Cattaneo) una richiesta da parte tua per capire se e come la ditta Medela viola il Codice, riferito al primo convegno nazionale delle doule che si è svolto di recente a Bologna. Hai inviato analoga richiesta, ma estesa anche alla ditta Popolini, a un altro componente del Direttivo (Sara Cosano). Le richieste non erano riferite a un particolare comportamento di queste ditte, solo se in generale rispettano il Codice. La risposta alla tua richiesta è stata inviata da Sara Cosano, che - così come aveva già fatto Adriano Cattaneo - rispetto alla Medela ti ha rinviato a una serie di documenti che spiegano in dettaglio la questione e precisamente questi:

ICDC Legal Update – April 2009
http://www.ibfan.org/art/LU-04-09.pdf
Breaking the Rules – Stretching the Rules 2010” Executive Summary
http://www.ibfan.org/art/BTR_2010-ExecSummary%28final%29.pdf
Update: ILCA 2009 Conference Exhibit Hall and Advertising Policy
http://www.ilca.org/files/in_the_news/whats_new_at_ilca/eGlobearticleJan2009ExhHallMedela.pdf
Segnaliamo inoltre questo comunicato stampa di IBFAN che riassume tutta la vicenda:
Yes, Medela violates the Code
http://www.ibfan.org/news-2012-1129.html

Medela comunque alla fine non è stato uno sponsor del convegno.
Rispetto a Popolini (ditta austriaca che produce pannolini lavabili e altri tessili) non avevamo notizie di legami con prodotti coperti dal Codice. Sara Cosano ha cercato di saperne di più consultando il sito della ditta, e ha trovato questo catalogo dal quale si evince che Popolini commercializza biberon della ditta Mollis e della ditta Pur (pagg.22-23):
http://www.popolini.it/uploads/media/Katalog_12_13web_03.pdf 

Sara Cosano ha risposto che la presenza del biberon nel catalogo non rappresenta di per sè una violazione del Codice. Questa informazione è stata poi pubblicata sul tuo blog, scatenando una serie di reazioni soprattutto tra altre doule che hanno partecipato al convegno. Solo a questo punto siamo stati informati da altre partecipanti al convegno che la Popolini non ha semplicemente esposto il suo logo sul materiale del convegno, ma ha inviato una sua rappresentante con tanto di stand che ha omaggiato le presenti con una borsa contenente il citato catalogo e ha raccolto i loro contatti. Questo cambia un po' le cose perché effettivamente si tratta allora di promozione, fermo restando che pensiamo che si sia trattato di un episodio avvenuto per leggerezza e senza intenzione, da parte dell’organizzazione del Convegno, di violare il Codice. Questo dimostra ancora una volta come sia spinosa la questione delle sponsorizzazioni: cerchiamo di dare qui sotto dei chiarimenti sulle questioni emerse in questo caso, onde magari possano essere utili in futuro per casi analoghi.
• Esposizione al pubblico
La presenza di un biberon o altro sostituto del latte materno in un catalogo non costituisce una violazione in sé, così come non è una violazione esporre sullo scaffale di un negozio un biberon o una confezione di latte artificiale. Non ci risulta ci sia mai stata un'interpretazione in senso così restrittivo del Codice. Il Codice non proibisce la vendita di sostituti del latte materno, ma ne proibisce la promozione e la pubblicità verso il pubblico in generale (art. 5.1). Nel caso specifico poi non c'era particolare enfasi nelle pagine relative ai biberon, non c'erano scritte o altro che rendevano la pagina più evidente delle altre, anzi. E' sicuramente vero che è difficile discernere sempre e in maniera inequivocabile tra informazione e pubblicità/promozione: la scatola di un sostituto del latte materno può semplicemente informare rispetto al contenuto, ma può anche promuoverlo, attraverso immagini, grafica e frasi accattivanti. Certo, chi non mette in un catalogo biberon e altri articoli di cui tratta il Codice non corre il rischio di violarlo: non fa né informazione né promozione. Così come se non si espongono latte artificiale e biberon in un normale negozio, il consumatore non sa che sono in vendita questi prodotti, salvo nel caso di una farmacia e forse di un negozio specializzato per l'infanzia. Con un'interpretazione così restrittiva del Codice (cioè che per non promuovere un prodotto devo tenerlo nel retrobottega), solo le farmacie sarebbero in grado di vendere questi prodotti e questo facilmente andrebbe a scapito dei prezzi. La scelta di non esporre sostituti del latte materno è stata fatta da numerose farmacie aderenti al progetto FAAM2 del Melograno e patrocinato da IBFAN Italia. Si tratta come detto però di una scelta personale, non di un obbligo sancito dal Codice. Il Codice però non ha come finalità impedire la vendita, quindi un'informazione non pubblicitaria non è considerata una violazione, così come non lo è la mera presenza di biberon su uno scaffale di un negozio.
• Distribuzione del catalogo al convegno
Se la presenza di prodotti coperti dal Codice all’interno di un catalogo in sé non costituisce violazione, bisogna vedere come questo catalogo viene distribuito. Intendiamoci: è pacifico che si tratta di una situazione meno grave della sponsorizzazione da parte di una ditta di alimenti per l'infanzia, o di una grande ditta che produce biberon. La Popolini è famosa per i pannolini lavabili e molto probabilmente tra le doule poche hanno sfogliato tutto il catalogo. Si trattava di un catalogo con molti articoli nel quale c'era anche qualche biberon. Mostrare il catalogo di per sé non è una violazione in quanto fonte di informazione (per lo meno riguardo al materiale di cui sono composti i biberon) e fattuale (i modelli prodotti sono quelli, con quelle capacità, eccetera: se una ditta non si fa conoscere come fa a vendere? Il Codice infatti non proibisce la vendita), ma lo diventa in associazione all'omaggio della borsa e soprattutto nel contesto della sponsorizzazione che trasforma l'informazione in promozione e quindi in violazione.
Nel caso specifico è stato dato non a delle madri (“il pubblico in generale”) ma a delle doule, che nell'accezione del Codice (e solo in quello, lo precisiamo per evitare spiacevoli malintesi!) sono da intendersi come “personale sanitario”.
Quindi si rientra nel campo di applicazione dell'art.7 e nello specifico: “Art. 7.3 Nessun incentivo finanziario o materiale diretto alla promozione dei prodotti cui si applica il presente Codice dovrebbe essere offerto da produttori o distributori al personale sanitario o membri delle loro famiglie, né dovrebbero essere accettati dal personale sanitario o da membri delle loro famiglie”.
• Chi viola il Codice, e come? È così importante sapere se il Codice è stato violato o meno?
Ricordiamo che il Codice si rivolge alle Compagnie che lo devono rispettare, ai Governi che lo devono tradurre in legge, ed agli operatori sanitari che lo dovrebbero conoscere e dovrebbero rifiutare i tentativi delle ditte di violarlo, tramite loro e le strutture in cui essi lavorano. Nel caso specifico, cavillare sulla violazione di un articolo piuttosto che di un altro non ci sembra proficuo. Riteniamo che una realtà come quella delle doule, così come per le altre figure che stanno accanto alle mamme e ai bambini, se decide di aderire al Codice lo faccia perché ci crede, crede cioè nella sua importanza e nelle sue finalità e condivide e comprende lo spirito con cui è stato scritto trent'anni fa.
Gli articoli del Codice sono 11 ed è impossibile coprire tutta la casistica, che oltretutto si amplia continuamente con il mutare del mercato e delle tecniche di marketing. Capiremmo questi scrupoli e il tentativo di interpretare o aggirare il Codice da parte di un'industria del settore che, per questioni di pura apparenza, cerchi di darsi un'aria “Code compliant” pur cercando altre vie e altre forme per fare comunque promozione dei suoi prodotti. Se ci si appiglia al mero rispetto degli articoli del Codice, il convegno avrebbe potuto essere sponsorizzato ad esempio da una ditta di abbigliamento per bambini (che non ha nulla a che vedere con i prodotti coperti dal Codice) ma che stampa su tutte le magliette degli enormi biberon. O da una banca che nella campagna pubblicitaria mette un biberon come simbolo dell'infanzia. Gli esempi in tal senso sono innumerevoli. Questi sarebbero stati degli sponsor rispettosi degli articoli del Codice, ma riteniamo che l'impatto sarebbe stato ben più grave di due pagine di biberon in un catalogo di pannolini lavabili. Per questo pensiamo che il rispetto dei singoli articoli sia importante ma che vada considerato soprattutto lo scopo con cui il Codice è stato scritto, come delineato nell'articolo 1 5 , che quindi è importante rispettare lo spirito del Codice, che consiste nello spegnere la cosiddetta “cultura del biberon” nella quale l'alimentazione artificiale è rappresentata come norma.
Riteniamo che chi desidera proteggere l'allattamento al seno dalle pratiche di marketing connesse all'alimentazione artificiale debba rifiutare qualunque contributo dalle aziende legate a questo settore, al di là delle violazioni. Così ad esempio fa la WABA6 e in Italia il MAMI7 che in occasione della Settimana per l'Allattamento Materno (SAM), concede il logo solo a eventi non associati a interessi commerciali di produttori o distributori di sostituti del latte materno, alimenti per l’infanzia, biberon, tettarelle, succhietti e tiralatte.
A questo proposito, invitiamo tutti a leggere la dichiarazione di IBFAN in merito a sponsorizzazioni e conflitti di interesse, che può essere un riferimento utile per affrontare la questione:
http://www.ibfanitalia.org/wp-content/uploads/2012/12/statement_conflitto_interessi.pdf
Se si condivide la volontà di rispettare lo spirito del Codice e quindi di non promuovere l'alimentazione artificiale come norma, prima di accettare uno sponsor consigliamo di verificare anche se nei suoi prodotti o nella sua pubblicità vengano utilizzate rappresentazioni di biberon e succhietti, e di verificare preventivamente l'eventuale materiale che effettivamente sarà distribuito durante l'evento sponsorizzato. Ci rendiamo conto che non è sempre così semplice: nel caso specifico della Popolini, ditta famosa per i pannolini lavabili, senza visionare prima il materiale che sarebbe stato distribuito al convegno era facile cadere nell'errore. Infatti a noi sembra evidente che ci sia stata buona fede nell'accettare la Popolini come sponsor, credendolo rispettoso del Codice. Le trappole del marketing dei sostituti del latte materno sono moltissime, sia per la sua diffusione in tutto ciò che è legato alla maternità, sia per il fatto che la maggior parte delle persone sono assuefatte a vedere il biberon come normale rappresentazione dell'infanzia. Oltre al fatto che, in particolare di questi tempi, si è spesso alla ricerca di qualcuno che possa sostenere idee e progetti.
• Sponsor e conflitto di interessi
Crediamo che i diversi attori (associazioni di categoria, ONG, enti, ecc.) debbano avere un comitato etico di modo che prima di tutto si prenda coscienza di un problema spesso ignorato (e cioè quello delle sponsorizzazioni e del conflitto di interessi) e si decida che linee seguire, non solo rispetto al Codice, ma in merito a tutti i risvolti etici dell'influenza più o meno diretta di un finanziatore nella propria attività. Prima di tutto: serve davvero lo sponsor? Potrei realizzare lo stesso quello che voglio realizzare, magari senza orpelli, gadget e sontuose pause caffè ma rendendo inalterata la sostanza? E poi qualche spunto: condivido l'uso del prodotto fabbricato dallo sponsor? Voglio che il mio nome sia associato al genere di attività svolta dallo sponsor? Dove sono fabbricati i prodotti dello sponsor e con quali materiali? Quali sono le conseguenze per l’ambiente? La ditta rispetta i diritti umani e sindacali? Vi è qualcosa di contrario all’etica nel prodotto o nel processo di produzione? Si potrebbe decidere pragmaticamente che “il fine giustifica i mezzi”: accettando una sponsorizzazione di un'azienda coinvolta nell'alimentazione infantile, o della quale più in generale non si condividono le azioni, si potrebbe realizzare un'attività che vada a vantaggio di mamme e bambini che altrimenti non sarebbe fattibile. O al contrario, si decida che non si voglia “vendere” la propria immagine o i propri utenti al miglior offerente, pur dovendo così rinunciare a attività e progetti.
Cito due esempi concreti:
• alcune riviste rivolte alle neomamme e future mamme hanno più volte chiesto a soci di IBFAN Italia un articolo o un’ intervista. Poiché si tratta di riviste commerciali che si sostengono grazie agli inserzionisti e gli inserzionisti sono spesso produttori e distributori di latte artificiale e biberon, alcuni hanno fatto la scelta etica di rifiutare di apparire in queste riviste per evitare che il proprio nome fosse in qualche modo, anche indirettamente, associato al nome degli inserzionisti. Chi ha fatto questa scelta ha cioè deciso di adottare un'interpretazione molto rigorosa del Codice. Altri hanno fatto il ragionamento opposto: proprio perché sono riviste zeppe di messaggi quantomeno fuorvianti sull'allattamento, è meglio che qualcuno di competente dia un contributo in modo da bilanciare i messaggi scorretti.
• Spesso alcuni negozi che vendono articoli per l'infanzia ospitano incontri gratuiti per gestanti e neomamme tenuti da esperti del settore. Questi negozi ovviamente vendono anche sostituti del latte materno e/o biberon. Anche se un negozio non ha un marketing particolarmente aggressivo rispetto ai prodotti coperti dal Codice, è pacifico che gli incontri hanno scopo promozionale: l'omaggio ai clienti non è un oggetto bensì un incontro, talvolta un buono sconto da utilizzare nel negozio stesso. Il contenuto degli incontri può anche essere tenuto da persone competenti e quindi essere di buon livello, anche sotto il profilo della promozione e sostegno dell'allattamento, e potrà anche non citare minimamente i sostituti del latte materno. Però l'incontro è un gesto promozionale da parte di un distributore di articoli coperti dal Codice. E come nell'esempio precedente, si contrapporranno le scelte tra chi si rifiuta di tenere simili incontri (perché l'esperto, spesso un professionista, verrebbe sponsorizzato da un distributore) e tra chi pensa che in questo modo sia possibile raggiungere un maggior numero di mamme. Sono scelte opposte, condivisibili o meno, sulle quali però riteniamo sia bene interrogarsi.
Ricordiamo inoltre che ci sono tre parole chiave legate all'allattamento: protezione, promozione, sostegno. Protezione dalle pratiche di marketing aggressivo e protezione della madre che lavora attraverso leggi dedicate, promozione dell'allattamento al seno con campagne di sensibilizzazione di modo che l'allattamento al seno sia inteso come norma, sostegno alle donne tramite la possibilità di accedere a operatori, professionali e non, formati e competenti.
Queste tre parole sono come le gambe di uno sgabello: se ne togliamo una, lo sgabello cade.
Inoltre la protezione, da sola, è già una buona parte della promozione.
• Come conciliare il rispetto del Codice con le informazioni per chi utilizza sostituti del latte materno? Come coniugare quindi il diritto all'informazione con il marketing aggressivo? Prima di tutto è necessario chiarire che le azioni di IBFAN e lo stesso Codice sono destinati a difendere tutti i bambini, indipendentemente dal tipo di alimentazione e non certo a colpevolizzare o condannare chi non allatta al seno. Infatti rispetto al latte artificiale, IBFAN e il Codice chiedono istruzioni chiare e corrette da parte delle aziende, che invece tacciono o minimizzano alcuni aspetti come il fatto che il loro prodotto non è sterile e forniscono informazioni di preparazione e conservazione scorrette, mettendo a rischio la salute dei bambini. Lunga è poi la battaglia rispetto ai claim nutrizionali: se è vero che un dato ingrediente rende un latte “migliore” rispetto ad altri, allora dovrebbe essere obbligatoriamente inserito in tutti i latti. Se invece il claim è solo pubblicità, allora deve essere rimosso proprio perché non si tratta altro che di un espediente per vendere di più (solitamente a caro prezzo).
Rispetto ai biberon e gli altri strumenti per somministrare il latte, IBFAN si era impegnata per chiedere che venisse eliminato il bisfenolo A dalle plastiche (il bisfenolo A in Europa non è più utilizzato nella produzione di biberon dal 2011 ma è ancora presente nelle altre plastiche ad uso alimentare).
Già questi pochi esempi dovrebbero far venire il dubbio che le cosiddette “informazioni” veicolate dai produttori di sostituti del latte materno non siano sincere e quindi utili al consumatore, dato che la vera informazione (come la preparazione del latte) non viene data nemmeno davanti a obblighi di legge.
Ci vengono in mente delle considerazioni:
• Per alcuni prodotti (su tutti: sigarette, alcuni farmaci, latte artificiale di tipo 1) è proibita la pubblicità. Il che non significa che non abbiano un mercato, che i consumatori non preferiscano una marca all'altra, che non ci sia scambio di pareri in merito. La circolazione delle informazioni non è necessariamente vincolata alla pubblicità. Anche perché la pubblicità è pubblicità, non è informazione (vedi sopra). Inoltre non tutto ciò che compriamo ci è stato “suggerito” dalla pubblicità (e per fortuna!). Quindi pensare che non consentire la pubblicità di un prodotto significhi non permettere al consumatore di accedere a quel prodotto o di poter avere informazioni in merito, ci sembra una visione limitata.
• Tutti i biberon (come tutti i latti artificiali) vantano di essere i migliori, i più fisiologici, fatti come il seno materno, adatti all'allattamento misto, non creano coliche e chi più ne ha più ne metta10. Nella pratica però sappiamo che ci sono bambini che apprezzano una marca e altri che ne preferiscono un'altra (e alcuni non ne vogliono proprio nessuna). Quindi per quanto un biberon possa essere teoricamente “il migliore”, sarà poi chi lo utilizza a fare la scelta: il bambino (se accetta o meno quella particolare forma di biberon) e la mamma (è pratico da pulire e montare? Quanto costa?).
• Siamo perfettamente consapevoli che la cultura del biberon è oramai ben radicata, quindi quando parliamo di non pubblicizzare biberon e sostituti del latte materno sembra un'esagerazione. Per questa ragione riteniamo che quando si affronta l'argomento sia necessario utilizzare delle modalità di comunicazione appropriate, senza dare per scontato che il nostro interlocutore conosca bene l'argomento in tutte le sue sfumature, anche se magari per la professione svolta dovrebbe conoscerlo.
• Rispetto poi al ruolo specifico della doula, rispettare il Codice, nella lettera e nello spirito, non si contrappone assolutamente allo stare accanto a una donna che, per scelta consapevole o necessità, non allatta al seno. Sono molte le operatrici perinatali, comprese consulenti in allattamento al seno, che rispettano fedelmente il Codice, proteggono l'allattamento al seno e nel contempo sostengono e accolgono donne che utilizzano latte artificiale e biberon, senza che queste si sentano messe sotto accusa o colpevolizzate. Per trovare un esempio tra i tanti, basti pensare all'esperienza dei centri Il Melograno, realtà nota a diverse doule.
Dalla stesura del Codice (nel 1981) ad oggi sono senz'altro stati compiuti molti passi avanti nel campo della promozione, del sostegno e della protezione dell'allattamento al seno, per garantire alle donne e ai loro bambini il diritto ad una scelta informata e al riuscire a praticare ciò che si è scelto. Ma il Codice resta un documento molto vivo, perché profondamente ancorato ad aspetti culturali e psicosociali in cui il marketing ha ampi margini di influenza. Proprio per questa ragione riteniamo utile confrontarsi e riflettere sui vari aspetti del Codice, dato che il marketing è sempre in evoluzione, di pari passo con la società: le affermazioni assolutistiche e definitive rischiano pertanto di invecchiare dopo poco tempo, ma ciò non significa che non si possano fare scelte “di campo”. E' quindi normale che, se andiamo a vedere i dettagli del Codice, possano esserci interpretazioni diverse, ma il principio di fondo rimane immutato. In parallelo emerge sempre più la consapevolezza che per garantire a donne e bambini il diritto di allattare come strumento di salute è necessario agire in rete tra tutti i soggetti coinvolti: la madre, il suo compagno e la sua famiglia, la comunità di cui fa parte, le diverse figure professionali o istituzionali con cui entra in contatto, in campo sanitario e non.
Con questo episodio e questo scambio di opinioni la nostra associazione si augura che le doule vogliano restare in contatto con noi e seguire le nostre attività per decidere come proteggere, promuovere e sostenere efficacemente l'allattamento nell'interesse delle madri e dei loro bambini.
Un caro saluto.
Paola Negri
Presidente IBFAN Italia

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