Paul Gauguin, Da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo |
Sono Francesca e con Marzia
ho partecipato per circa due anni al cerchio che ha ispirato il nome di questo
nuovo cerchio virtuale...
Ho imparato a conoscere il
potere e la magia del cerchio un po’ alla volta, week-end dopo week-end. Mi
sono stupita di quanto la condivisione fosse sincera, creativa e catartica
all’interno del nostro cerchio e quando l’ho intuito ho lasciato fluire parole
e sensazioni all’interno di esso... senza aspettative, ma ogni volta ho portato
con me qualcosa di prezioso: un’idea, un proposito, protezione e conforto, una
grande sensazione di sorellanza...
Il cerchio del Master della Scuola dei 1000 giorni si è chiuso lo scorso giugno, ma non senza la
possibilità di riaprirsi ogniqualvolta un gruppo di noi partecipanti si è
riunito per altri scopi.
In quest’ultimo periodo la
mia famiglia ha vissuto una parabola molto delicata e io, che non ho avuto modo
di condividerla all’interno del nostro cerchio, ho preferito non farlo in altro
modo. Ora che si è conclusa, la condivido volentieri con voi all’interno di
questo nuovo cerchio.
La settimana scorsa si è
spento il papà di mio marito. E’ successo tutto con molta naturalezza, dopo una
malattia che ha preparato lui e noi, la sua famiglia, al momento del trapasso.
Gli ultimi due mesi sono stati molto particolari e mi hanno dato modo di
riflettere sulla morte e, come sua antitesi, sulla nascita.
Nascita e morte sono due
eventi strettamente legati tra loro: non c’è nascita che non si concluda con la
morte e vice versa non c’è morte che non abbia avuto una nascita precedente.
Non ho potuto non chiedermi
perché due eventi così strettamente legati sono considerati in modo così
diverso: il primo celebrato, accolto con gioia e speranza; l’altro sempre più
visto con dolore, rassegnazione, totale assenza di aspettative per il futuro,
evento da dimenticare, da cancellare il prima possibile.
Forse perché ho vissuto
altre esperienze di lutto nella mia vita, ma anche perché credo che ci sia ben
altro oltre a quello che vediamo, tocchiamo e scientificamente studiamo, ho
imparato a non vedere più la morte come un evento solo tragico, doloroso e
ineluttabile.
Ma la morte di mio suocero
mi ha portato una consapevolezza nuova: la mia accettazione della morte come
evento che fa parte della vita arriva anche dalla mia recente esperienza di
operatrice perinatale. Aver a che fare con la nascita, con la nascita intesa
come evento grandioso, in cui la forza creatrice della natura si manifesta in
tutta la sua potenza, che insieme alla nascita di una nuova creatura porta ad
una nuova nascita della donna che la dà alla luce, dà la possibilità a chi vive
o condivide questa esperienza di vedere con occhi nuovi molti aspetti della
vita e, accanto ad essi, della morte.
Ma anche l’esperienza della
nascita non è da tutti: sempre più frequentemente la nascita è vissuta come un
evento medicalizzato, costellato da interventi che a vario titolo si prefiggono
si salvaguardare la salute del nascituro e di sua madre, ma che,
inevitabilmente, fanno perdere la magia, la spontaneità e la potenza
dell’evento della nascita.
Non spetta a me dare una
risposta, non ne ho i mezzi e nemmeno il titolo...
...però, pongo volentieri un
interrogativo.
Non sarà che il progressivo
rifiuto della morte e di ‘vivere’ pienamente questa esperienza sia in parte
legato al fatto che sempre di meno sappiamo vivere il significato potente della
nascita?
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