lunedì 19 gennaio 2015

pensare insieme



di Marzia Bisognin

Alla fine mi sono decisa.
Come avevo già scritto nell'ultimo post, ho voglia che questo mio blog diventi una casa accogliente e ospitale, con contributi di persone con le quali condivido un desiderio di ricerca. Una pluralità di voci che lo arricchisca.
Ho dato una ripulita generale, come si farebbe a casa quando si desidera far premurosamente posto a qualcuno. Ho tolto cose, ne ho aggiunte altre, ma cercando di lasciare lo spazio pulito e sgombro, affinchè lo sguardo possa sentirsi comodo. Il problema su cui mi sono arrovellata per giorni è stato il titolo. "Una doula accanto a te" era troppo individuale, e poi comunque superato. Dopo molti pensamenti, ripensamenti, tentativi, discussioni, richieste, mi sono decisa per il cerchio.
Devo a Paola questo suggerimento. Dopo avere ascoltato tutte le mie considerazioni mi ha detto "quello che capisco è che vuoi portare il cerchio dentro il tuo blog". 
Io e Paola abbiamo frequentato il Master proposto dal Melograno. Due anni in un cerchio di donne, trascorsi ad ascoltarci l'un l'altra, a maturare pensieri che si appoggiavano e prendevano slancio dai pensieri delle altre.  Il cerchio è diventato un organismo vivente, un ecosistema in cui ogni singolo elemento interagisce con il tutto. Il raggiungimento di questa pienezza è stato possibile grazie alla cura delle conduttrici, grazie al tanto tempo trascorso insieme che ha permesso un ritmo lento e disteso, e sicuramente grazie a noi tutte.
Non è stato né il primo né l’ultimo cerchio di cui ho fatto parte, ma questo ha avuto e ha una sua forte unicità.

Non è tanto questo cerchio che voglio portare nel blog, o almeno non solo questo, anche perché i cerchi sono belli se si possono aprire e dilatare. Quello che mi piacerebbe portare è quel pensare insieme, passando poi dal blog all’impetuosa corrente di facebook. Avete presente quando il papà di Nemo e Dory entrano nella grande corrente orientale dove stanno viaggiando le tartarughe? Ecco.

 Ma il titolo il cerchio mi piace anche a prescindere da questa esperienza personale.
Sembra che ognuno di noi abbia ben presente la morte come una cosa che ci riguarda tutti, in maniera trasversale, una cosa che prima o poi ci capiterà. Magari ci fa paura oppure no, magari cerchiamo di esorcizzarla, o la pensiamo come una cosa lontanissima, oppure cerchiamo di farcela amica attraverso diversi riti, comunque sappiamo che riguarda tutti. Uomini e donne, non importa che cosa facciamo nella vita.

La nascita e la prima infanzia invece sembra siano temi che riguardano solo soggetti specifici. Il modo in cui si nasce e il modo in cui si viene accolti in questo mondo suscitano l’interesse delle donne, e non di tutte le donne ma solo di quelle che sono madri, che sono incinte o che desiderano esserlo. Suscitano l’interesse degli uomini che diventano o sono padri e quello di chi lavora con amore in questo ambito. Tutti gli altri  sembrano lontani da questi temi, come lo sarebbe un insegnante statale dai problemi di gestione della partita IVA.
Come se un giorno non fossimo nati tutti, come se un giorno non fossimo tutti stati accolti in questo mondo, come se non fossimo stati tutti dei cuccioli della nostra specie.

La vita è un cerchio, è così ovvio che è banale dirlo. Se un giorno la nostra vita finirà è perchè un giorno è incominciata nel misterioso ventre di una donna, perchè un giorno siamo nati, perchè a lungo siamo stati piccoli esseri atterrati in un luogo sconosciuto.
Siamo nati tutti, e il futuro non è solo la ripresa economica o la decrescita, la gestione delle risorse del pianeta o le nuove tecnologie, la lotta al terrorismo o i diritti civili. Sono anche i bambini che, cocciuti, continuano a nascere, proprio come siamo nati noi.


lunedì 5 gennaio 2015

Tante novità in arrivo

pitture rupestri nella Cueva de las Manos



di Marzia Bisognin

Anno nuovo vita nuova. Dopo cinque anni questo blog fa un passo avanti. 

L'obiettivo è quello di diventare un luogo accogliente e aperto, dove non ci saranno solo articoli scritti da me. Le riflessioni che hanno sempre caratterizzato questo mio spazio digitale ruotano intorno ai temi della nascita, della maternità, della paternità, della storia delle donne, dei mutamenti sociali, della modernità. Ma il percorso personale fatto in questi anni mi ha portato al desiderio di apertura a una pluralità di voci, così da fare di questo blog un luogo di pensiero e di scambio di idee. Perchè insieme è meglio.

La progettazione è in corso, per il momento non posso dire niente di più..... ma spero vi piacerà.

venerdì 2 gennaio 2015

Non è che poi si abitua?


di Marzia Bisognin

Ma se lo tengo sempre in braccio...poi si abitua?
Questo è un classico tarlo della neomamma alle prese con bebè di pochi giorni, arrivato come tutti i bebè senza istruzioni per l'uso.  Tarlo spesso mantenuto ben in salute da nonne, amiche e amici sapientoni.
foto di Martin Pilote

Partiamo dal fatto che alla nascita noi abbiamo già delle abitudini, perchè per nove mesi siamo stati trasportati, cullati, massaggiati e soddisfatti in tutti i nostri bisogni. Nasciamo insomma con una lunga storia alle nostre spalle, e con un cervello funzionante che ricorda quell'esperienza. 

Dunque no, il neonato non si abitua ad essere tenuto in braccio, perchè è già abituato.
Certo, dopo la nascita dobbiamo imparare ad adattarci a un mondo completamente nuovo, fatto di aria che entra nei polmoni, grandi spazi, luce forte, temperatura instabile, stimolo della fame, pancia da riempire, autonomia da conquistare.  E impariamo molto in fretta, perchè tutto si può dire di noi umani, tranne che non siamo intelligenti e adattabili. Però insomma, dateci il tempo....!

E poi ricordiamoci che siamo pur sempre mammiferi. I cuccioli di gorilla (che condividono il 97% dei nostri geni) stanno aggrappati alla mamma a lungo, e di certo tutti quei peli rendono la mamma facilmente prensile.
Ma noi non siamo gorilla, e l'aver perso i peli non è l'unica complicazione che abbiamo.
A un certo punto della nostra storia evolutiva ci siamo messi in posizione eretta. Questo ha cambiato la nostra struttura scheletrica e progressivamente si è ridotto il bacino, e si è ristretto il canale osseo del parto. In breve siamo anche diventati sempre più capiscioni, e ci è raddoppiato il cervello. 
In pratica teste sempre più grosse dovevano passare attraverso canali sempre più stretti.
Come risolvere il problema? Ecco la soluzione che abbiamo escogitato: nascere prima che lo sviluppo sia completato. Nasciamo insomma prematuramente, con il cranio che ancora si deve consolidare, senza denti, e incapaci di muoverci autonomamente. Più vulnerabili e incapaci dei gorillini.
Per questo abbiamo bisogno di completare il nostro sviluppo il più possibile a contatto con quel corpo adulto che garantisce la nostra soppravvivenza e il soddisfacimento dei nostri bisogni.  Abbiamo gli stessi bisogni dei cuccioli di gorilla, ma di più.
Dunque essere tenuti in braccio è un bisogno primario, non una pericolosa abitudine. Ok?