domenica 25 agosto 2019

Un bisogno primario

foto di Lukas Piatek


Ma se lo tengo sempre in braccio...poi si abitua?
Questo è un classico tarlo della neomamma alle prese con bebè di pochi giorni, arrivato come tutti i bebè senza istruzioni per l'uso.  Tarlo spesso mantenuto ben in salute da nonne, amiche e amici sapientoni, tutti intorno alla mamma a elargire consigli e a far velati rimproveri: lo devi abituare fin da piccolo, se lo tieni sempre in braccio lo vizi, lui è furbetto, e via così.
Partiamo dal fatto che alla nascita noi abbiamo già delle abitudini, perchè per nove mesi siamo stati trasportati, cullati, massaggiati e soddisfatti in tutti i nostri bisogni. Nasciamo insomma con una lunga storia alle nostre spalle, e con un cervello funzionante che ricorda quell'esperienza.
Dunque no, il neonato non si abitua ad essere tenuto in braccio, perchè è già abituato.
Certo, dopo la nascita dobbiamo imparare ad adattarci a un mondo completamente nuovo, fatto di aria che entra nei polmoni, grandi spazi, luce forte, temperatura instabile, scoperta della forza di gravità, stimolo della fame, pancia da riempire, autonomia da conquistare.  E impariamo molto in fretta, perchè tutto si può dire di noi umani, tranne che non siamo intelligenti e adattabili. Però insomma, dateci il tempo....!

foto di Michelle Bender
E poi ricordiamoci che siamo pur sempre mammiferi. I cuccioli di gorilla, che condividono il 97% dei nostri geni, restano a lungo appiccicati al corpo della mamma. Il riflesso di prensione palmare dei nostri neonati è un ricordo di quando, ancora ominidi, ci aggrappavamo con forza alla pelliccia della mamma, che altrimenti ci perdeva nella foresta.
La nostra fisiologia è ancora quella delle caverne, ma l'aver perso i peli non è l'unica complicazione originata dall’essere diventati Homo Sapiens.
A un certo punto della nostra storia evolutiva ci siamo messi in posizione eretta. Questo ha cambiato la nostra struttura scheletrica, progressivamente si è ridotto il bacino e si è ristretto il canale osseo del parto. In breve siamo anche diventati sempre più capiscioni, e ci è raddoppiato il cervello.
In pratica teste di cuccioli sempre più grosse dovevano passare attraverso canali di parto sempre più stretti.

Come risolvere il problema? Ecco la soluzione che abbiamo escogitato: nascere prima che lo sviluppo sia completato. Nasciamo insomma prematuramente, con il cranio che ancora si deve consolidare, senza denti, e incapaci di muoverci autonomamente. Più vulnerabili e incapaci dei piccoli gorillini.
Per questo abbiamo bisogno di completare il nostro sviluppo il più possibile a contatto con quel corpo adulto che garantisce la nostra sopravvivenza e il soddisfacimento dei nostri bisogni.  Abbiamo insomma gli stessi bisogni dei cuccioli di gorilla, ma di più.
E quali sono questi bisogni primari?
"La funzione primaria dell'accudimento come variabile affettiva è quella di garantire contatti corporei frequenti e intimi dell'infante con la madre. Certamente, l'uomo non vive di solo latte."
Lo scriveva Harry Harlow dopo avere concluso il famoso e crudelissimo esperimento sulle scimmiette, che condusse dal 1957 al 1963. Per chi non lo conoscesse già, alcuni cuccioli di scimmia furono separati dalla madre e vennero chiusi in gabbia con due sostituti materni: uno di peluche,  morbido e riscaldato, che non forniva latte e l’altro freddo, metallico, ma che erogava latte. Tutti i cuccioli mostrarono di preferire il surrogato di peluche, gli si aggrappavano con forza, arrivando in certi casi persino al rifiuto di fare i pochi passi per accedere al nutrimento, fino alla morte per denutrizione. Morti per anoressia emotiva. 

Dunque essere tenuti in braccio è un bisogno primario, non una pericolosa abitudine, e ai bisogni primari bisogna rispondere, ok?