lunedì 22 agosto 2016

L'esperienza delle donne nella procreazione assistita



Nel 1978 in Inghilterra è nata Louise Brown, la prima bambina concepita in provetta, come si diceva allora. Finì sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo,si parlò di miracolo della scienza, ma anche di evento che avrebbe avuto gravi conseguenze per l’umanità.
Oggi sono circa cinque milioni i bambini nati come Louise, la quale nel frattempo è diventata mamma.


La medicina e le biotecnologie hanno permesso di separare la procreazione dalla sessualità, ovvero possiamo avere rapporti sessuali senza procreare e possiamo procreare senza avere rapporti sessuali. Questi scenari molto recenti non li abbiamo ancora digeriti, metabolizzati, e forse nemmeno davvero compresi  nei loro effetti sulla vita delle singole persone e di tutta la collettività in cui viviamo.
Per il femminismo anni 70, di cui ho fatto parte come sorellina minore, essere femminista ha significato anche autogestire la propria salute, sentirsi padrona del proprio corpo, avere libertà di scelta e combattere l'eccesso di medicalizzazione sul corpo delle donne, come è successo con gravidanza e nascita. E oggi la biotecnologia  sta medicalizzando anche la procreazione.
La trasformazione in atto è irrevocabile. Riguarda il modo in cui si viene al mondo, l'immagine di famiglia e il concetto stesso di filiazione.
E quindi....?
Il panorama è cambiato, che ci piaccia o no, e da qui dobbiamo partire, nutrendo il pensiero critico con le storie dei vissuti delle persone, perché dietro le tecniche di procreazione assistita, dietro le Fivet, le omologhe, le eterologhe, le ICSI, le crioconservazioni e le maternità surrogate ci sono donne, uomini, bambine e bambini, ci sono sentimenti e desideri, ci sono storie di coraggio, di gioia, di fatica e di dolore.

La fecondazione assistita divide tuttora la società, con giudizi morali, e soprattutto divide profondamente le donne, già divise tra chi è madre e chi non lo è. Noi vogliamo parlarne, dando voce ai diversi vissuti, comprendendo le dimensioni del fenomeno, gli aspetti normativi e le loro ricadute sull’esperienza di chi intraprende questo percorso, interrogando la filosofia, la pedagogia e la medicina.
Vogliamo accogliere queste esperienze senza che si viaggi su treni diversi: da una parte le donne che concepiscono spontaneamente e dall’altra quelle che intraprendono un percorso biotecnologico, per costruire collettivamente una narrazione che sia rispettosa delle donne e degli uomini che intraprendono questa strada e dei bambini e delle bambine nati grazie a queste tecniche.

Eravamo davanti a un caminetto quando abbiamo incominciato a parlarne, abbiamo continuato a farlo dandoci appuntamenti in città diverse, scrivendoci mail e telefonandoci e collegandoci (disastrosamente ad essere sincere) su Skype.
Ora ci siamo quasi...... manca poco.

Bologna – Centro di Documentazione delle Donne

1 Ottobre 2016

Alla ricerca di un figlio

L’esperienza delle donne nella procreazione assistita

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domenica 7 agosto 2016

Di chi sono le tette?


Questa è una delle immagini scelte dall'Unicef in Francia per promuovere l'allattamento materno.
Immagine tenera, bambino che poppa soddisfatto, mamma con sorriso romantico, papà che contiene entrambi in un abbraccio. Lo slogan: l'allattamento non è solo un'affare di donne.
Immagino, anzi non ho dubbi, che l'intento dell'Unicef fosse quello di dire che una donna che allatta ha bisogno di sostegno, in primis dal suo compagno. E però a me fa venire l'orticaria, e non solo a me, a giudicare dalle reazioni di molte donne in Francia.
Veniamo tutti, uomini e donne, da una cultura secolare che vedeva le donne come una proprietà degli uomini. Prima erano proprietà del padre, che poi le accompagnava all'altare per consegnarle ai mariti. E se non si sposavano restavano zitellamente nella casa paterna, oppure potevano scegliere di diventare spose del Signore. Se avevano troppi grilli impazienti per la testa erano non di rado giudicate matte e i manicomi erano pronti ad aprire le porte. Prima ancora ne hanno bruciate tante, chiamandole streghe.
Non sono tempi così lontani. Settanta donne uccise in Italia in otto mesi dai loro ex dicono che le donne non possono ancora considerarsi autonome, libere, e non un possesso dell'Homo Masculus.
Perciò cara Unicef devi stare attenta a usare le parole. Dire che io, in quanto madre di un neonato, ho bisogno di sostegno, di cura, di attenzioni è sacrosanto. Dire che il latte materno è la norma biologica è pure sacrosanto. Ma la frase che hai usato su quella foto non si può sentire, dice che le mie tette non sono solo affar mio, che quello che decido di fare con il mio corpo non è solo affar mio. 
Il corpo della madre non è un bene comune, non lo è il suo seno come non lo è il suo utero.
E poi scusa, se il compagno è lì per sostenerla, perché la sovrasta e si appoggia a lei?
Così, tanto per dire.